L’intervento della premier ha scatenato le proteste delle opposizioni, costringendo a interrompere la discussione in corso alla Camera su Ucraina e piano di riarmo in vista del prossimo Consiglio europeo
“Se questo è il vostro modello di Europa, di certo non è il mio”, ha sentenziato la premier Giorgia Meloni dopo aver letto un brano del manifesto di Ventotene, durante la discussione in corso alla Camera in vista del Consiglio europeo di Bruxelles del 20 e 21 marzo, che vedrà al centro il futuro dell’Ucraina e il piano di riarmo europeo targato Ursula von der Leyen. L’intervento della presidente del Consiglio sul manifesto – ritenuto uno dei documento fondanti dell’Unione europea – ha scatenato le proteste delle opposizioni e innescato la bagarre in aula, costringendo il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, a sospendere la sessione tra i fischi e le urla provenienti dai banchi della minoranza.
La minoranza insorge: “Parole di Meloni oltraggiano la democrazia”
Alla ripresa della discussione, le opposizioni hanno stigmatizzato le parole della premier sul manifesto di Ventotene: “Vergogna”, ha scandito il deputato dem Federico Fornaro, chiedendo “rispetto”. “Quello avvenuto in quest’aula è un atto grave nei confronti del Parlamento e della storia di questo Paese. Il Manifesto di Ventotene è riconosciuto da tutti gli storici, non come in maniera truffaldina ha cercato di far passare la presidente l’inno alla dittatura del proletariato – denuncia il dem – ma come l’inno dell’Europa federale contro i nazionalisti che sono stati il cancro del ‘900”.
“Le chiedo di ostracizzare chi dileggia la memoria di Altiero Spinelli considerato da tutti il padre dell’Europa”, ha proseguito Fornaro rivolgendosi al presidente Fontana. “Lei deve dire parole di verità lei è il presidente della Camera. Siamo qui grazie a quegli uomini e quelle donne, la presidente dovrebbe inginocchiarsi davanti a loro”. Per Alfonso Colucci di M5S “è un oltraggio alla democrazia. Non c’è spazio in quest’aula per il fascismo”. “Ci sentiamo offesi e indignati”, l’intervento di Marco Grimaldi di Avs.
“Giorgia Meloni non è degna di rappresentare la democrazia di un Paese che ha conosciuto la dittatura ventennale del fascismo”, interviene il deputato Pd Gianni Cuperlo. “Lo scrivo con la tristezza di uno spettacolo che mortifica la memoria e la storia, ma anche con la consapevolezza che questa destra la storia la conosce bene e vuole riscriverla. Un dovere morale non consentirglielo”.
“Il manifesto di Ventotene è stato scritto da chi era stato e sarà poi vittima del fascismo. Dai banchi del governo la presidente del Consiglio ha attaccato le radici della nostra democrazia”, denuncia il deputato dem Andrea De Maria. “Da chi è stato Sindaco di Marzabotto vorrei ricordarle che quando è stato scritto il Manifesto di Ventotene in Italia c’era il regime fascista. E che senza il sacrificio di chi ha combattuto il fascismo la stessa Presidente del Consiglio non sarebbe libera di parlare oggi in un libero Parlamento”.
Dopo la bagarre è stata convocata la conferenza dei capigruppo informale, dalla quale è emersa la decisione di rinviare le dichiarazioni di voto e il voto sulle risoluzioni a dopo il question time. Interrogato sul punto a margine di un evento alla Fondazione De Gasperi a Roma, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha replicato: “Grande rispetto per tutti, ma la mia Europa è quella di De Gasperi, Adenauer e Schuman”.
“Giudicate voi”, ha scritto più tardi Meloni allegando sui propri social un video della parte finale del proprio intervento.
La posizione di Meloni su Ucraina e riarmo
Necessario un rafforzamento della difesa, ma senza toccare i fondi di coesione e un “no” categorico all’invio di truppe italiane in Ucraina, tema che “non è mai stato all’ordine del giorno”. Europa e Usa devono restare uniti, perché è “inimmaginabile” costruire delle “efficaci garanzie di sicurezza” dividendo le due sponde dell’Atlantico. Sui dazi, bisogna evitare “rappresaglie” e cercare “soluzioni di buonsenso” che scongiurino l’ipotesi di una guerra commerciale con Donald Trump. Queste le linee principali tracciate dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni in Senato ieri, 18 marzo. Oggi, mercoledì 19 marzo, la discussione si è spostata alla Camera.
Nella “lunga conversazione tra il presidente Donald Trump e il presidente Vladimir Putin”, “tra i punti discussi c’è l’ipotesi di un parziale cessate il fuoco limitato alle infrastrutture strategiche”. Si tratta di “un primissimo spiraglio che va nel senso di quanto concordato a monte tra Trump e Zelensky”, dichiara Meloni. Che in un altro passaggio ribadisce: “Sosteniamo gli sforzi di Trump, è un leader forte e autorevole che può imporre le condizioni per una pace giusta e duratura”.
“Il piano ReArm confonde i cittadini”
Sul piano ReArm Europe, la premier cerca di appianare la frattura con le posizioni dell’alleato Matteo Salvini, fortemente contrario. La difesa, ha sottolineato Meloni, “è una condizione di libertà”. “Sono favorevole all’aumento degli investimenti” militari “ma ho chiesto di chiarire cosa si intenda per spese di difesa”. Perché, osserva “non è che vogliamo confondere i cittadini. È il ReArm Ue che confonde i cittadini”. “Bisogna capire dove vanno queste risorse”, tornando poi su quella concezione più “ampia” di difesa che esuli del mero acquisto di armamenti: “Il dominio della sicurezza riguarda le materie prime critiche, la difesa dei confini, la lotta al terrorismo, materie che non si affrontano comprando armi”.
L’articolo 5 della Nato esteso all’Ucraina: “Può svelare un bluff”
Meloni è poi tornata su un punto cruciale relativo alle garanzie di sicurezza all’Ucraina, su cui già si era espressa più volte nelle scorse settimana, ovvero l’applicazione dell’articolo 5 della Nato anche all’Ucraina. Una proposta “più semplice e più efficace delle altre”, secondo la presidente del Consiglio, “anche perché aiuterebbe a svelare un bluff: se la Russia non ha in mente di invadere nuovamente i suoi vicini, non si capisce perché non dovrebbe accettare garanzie di sicurezza difensive”.