Motivi del rinvio della decisione di Trump sull’Iran

20.06.2025 10:45
Motivi del rinvio della decisione di Trump sull'Iran

Decisione incerta degli Stati Uniti sull’intervento in Iran

Il presidente statunitense Donald Trump ha optato per un approccio cauteloso riguardo a un possibile intervento militare al fianco di Israele per attaccare l’Iran. Nella giornata di giovedì, tramite la portavoce Karoline Leavitt, ha annunciato che comunicherà la sua decisione entro due settimane, riporta Attuale.

«Poiché esiste la concreta possibilità di negoziati imminenti, prenderò una decisione se procedere oppure no [con l’attacco all’Iran] nelle prossime due settimane».

Questa dichiarazione ha generato molte speculazioni, portando a interrogarsi se si possano realmente riavviare i negoziati o se Trump stia solo cercando di guadagnare tempo, o addirittura applicando una strategia di bluff.

Il significato di due settimane
La prima considerazione da tenere a mente è che «due settimane» per Trump non rappresentano un termine rigoroso; è un’espressione che utilizza per procrastinare senza chiarire effettivamente il tempo necessario per una risoluzione. Ad esempio, il mese scorso, parlando di negoziati sulla guerra in Ucraina, ha affermato di non essere certo che il presidente russo Vladimir Putin fosse realmente intenzionato alla pace: «Capiremo se ci sta prendendo in giro o no […] ma ci vorrà una settimana e mezzo, due settimane per capirlo». Questo termine è passato senza ulteriori chiarimenti sulla questione.

Nell’aprile scorso, quando gli è stato chiesto se gli Stati Uniti avrebbero continuato a fornire aiuti all’Ucraina, ha risposto: «Vediamo cosa succede: ripetimi questa domanda tra due settimane». Allo stesso modo, sulla fiducia in Putin, ha dichiarato: «Vi faremo sapere entro due settimane». Nel corso degli anni, Trump ha rinviato decisioni su vari argomenti, dalle infrastrutture alle riforme fiscali. Pertanto, quando afferma che prenderà una decisione sull’Iran entro due settimane, sembra più una strategia per posticipare una scelta, cercando di sfruttare l’incertezza a suo favore. Tuttavia, non è lecito aspettarsi una risposta definitiva in un arco temporale preciso.

Ipotesi di negoziati
Una delle motivazioni che spiegherebbero il rinvio della decisione è la volontà di Trump di realmente trattare con l’Iran. Prima dell’attacco israeliano della scorsa settimana, gli Stati Uniti erano impegnati in negoziati con Teheran da diversi mesi. Il presidente ha sempre dimostrato una preferenza per una risoluzione pacifica piuttosto che per un conflitto armato, poiché questo potrebbe creare ingenti problematiche politiche interne.

Il capo negoziatore statunitense, Steve Witkoff, ha continuato a comunicare con i diplomatici iraniani negli ultimi giorni, e le trattative potrebbero riprendere a breve. Resta da vedere se l’Iran sarà disposto a considerare un accordo proposto dagli Stati Uniti: finora, Trump ha richiesto che l’Iran accetti una «RESA INCONDIZIONATA», una condizione inaccettabile per il regime, sebbene attualmente indebolito. Recentemente, l’Iran ha affermato che non accetterà alcun negoziato finché Israele continuerà a bombardare il suo territorio.

Strategia israeliana in corso
Trump potrebbe anche voler attendere per osservare come si evolverà la campagna di bombardamenti israeliana. Due settimane consentirebbero a Israele di proseguire nella distruzione delle difese aeree iraniane, riducendo i rischi per gli Stati Uniti in caso di attacco e nell’uso di eresie bunker buster ai siti nucleari iraniani.

In questo lasso di tempo, gli Stati Uniti avrebbero la possibilità di potenziare significativamente le proprie forze nella regione: già da alcuni giorni l’esercito ha iniziato a spostare navi e aerei, preparando il terreno per un eventuale attacco. Due settimane potrebbero permettere l’invio di un secondo portaerei, potenziando le capacità di risposta a una possibile ritorsione iraniana.

Il possibile bluff
Un’altra interpretazione della situazione è che Trump, in coordinamento con Israele, stia bluffando. Secondo James Stavridis, ammiraglio in pensione ed ex comandante delle forze statunitensi in Europa, potrebbe trattarsi di una copertura per un attacco immediato: «Potrebbe essere un astuto stratagemma per dare agli iraniani un falso senso di sicurezza», che li renderebbe vulnerabili a un attacco improvviso.

Tuttavia, ipotesi simili erano già circolate in seguito all’attacco israeliano, quando alcuni analisti avevano sostenuto che i presunti negoziati con l’Iran non erano stati motivati da un reale desiderio di pace, ma da una strategia per conferire agli iraniani un’illusione di sicurezza. Queste teorie, però, sono state smentite da recenti resoconti, che indicano come gli sforzi diplomatici di Trump siano stati autentici.

Riprendere il controllo
In definitiva, rimandare l’attacco potrebbe essere un modo per Trump di riacquistare l’iniziativa. Finora, l’amministrazione statunitense ha spesso dovuto reagire alle manovre del governo israeliano di Benjamin Netanyahu. Quest’ultimo ha stabilito le tempistiche e le modalità di eventuali attacchi all’Iran, rendendo gli Stati Uniti apparentemente sotto pressione. Tuttavia, allungare i tempi sembra aver consentito a Trump di guadagnare il controllo delle dinamiche relative a un potenziale intervento.

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