Aumentano le tensioni tra Egitto ed Etiopia nate per la costruzione di una diga contestata da Il Cario, tensioni che si stanno intrecciando a un altro conflitto, quello tra Somalia e Somaliland: ecco come e perché
Il Corno d’Africa diventa sempre più incandescente, con diversi fronti di guerra che si stanno aggravando. Quello di Sudan è maggiormente sotto i riflettori, ma ce n’è anche un altro che rischia una pericolosa escalation. Si tratta di un conflitto, fino ad ora a bassa intensità, che coinvolge Egitto, Etiopia e Somalia, e che è nato a causa della costruzione di una diga per poi allargarsi ad altre questioni.
La diga della discordia
Per provare a capire cosa sta accadendo bisogna fare un passo indietro e parlare della Grand Ethiopian Renaissance Dam (Gerd) dell’Etiopia, una diga da 3,6 miliardi di euro la cui costruzione è iniziata nel 2011 e il cui riempimento si avvicina ora alla sua fase finale.
A portare avanti i lavori è un’azienda italiana, il Webuild Group il cui amministratore delegato è Pietro Salini. Sul sito l’azienda spiega che la Gerd sarà la più grande diga dell’Africa: lunga 1.800 metri, alta 175 e conterrà 74 miliardi di metri cubi di acqua. Al suo interno sono presenti 2 centrali elettriche che comprendono 13 turbine Francis con una potenza totale installata di 5.150 MW e una produzione stimata di 15.700 GWh all’anno.
L’Egitto ha da sempre criticato il progetto che ritiene metta in pericolo i suoi approvvigionamenti di acqua del Nilo, visto che la diga è stata costruita su uno dei suoi estuari, il Nilo Blu, che nasce proprio in Etiopia. L’Egitto dipende fortemente dall’acqua del Nilo ma finora non è riuscito a convincere Addis Abeba ad accettare alcun tipo di accordo vincolante che fornisca alla nazione garanzie sull’accesso all’acqua, una questione ritenuta di sicurezza nazionale. E le tensioni si sono aggravate a causa di un altro conflitto regionale, nel quale i due Paesi sono coinvolti su schieramenti opposti, e che in un certo senso è diventato un modo per combattere la guerra dell’acqua su un fronte diverso.
Il ruolo del Somaliland
Si tratta del conflitto tra la Somalia e il Somaliland, la regione separatista che nel 1991 ha dichiarato unilateralmente l’indipendenza dalla madrepatria. In realtà l’ex Somaliland britannico aveva ottenuto l’indipendenza il 26 giugno 1960, ma questa indipendenza è durata solo pochi giorni e il primo luglio 1960 il Paese si unì alla Somalia Italiana e formò la Repubblica di Somalia.
La fusione aveva lo scopo di unire tutte le popolazioni di lingua somala, che erano state divise dai colonizzatori ma non fu mai veramente accettata, fino a sfociare nella nuova dichiarazione di indipendenza del 1991 che ha dato il via a una disputa che ancora oggi non è stata risolta. E nella quale ora stanno intervenendo anche Etiopia ed Egitto. Ma in che modo e perché?
Nel gennaio 2024, il Somaliland ha accettato di affittare 20 chilometri della sua costa per 50 anni proprio all’Etiopia, in cambio del riconoscimento formale dell’indipendenza della regione, riconoscimento che deve ancora essere confermato ufficialmente da Addis Abeba. L’Etiopia, un Paese senza sbocco sul mare, vuole incrementare le sue esportazioni ottenendo l’accesso al Mar Rosso e quindi alle rotte marittime internazionali. Ma questo accordo ha fatto andare su tutte le furie Mogadiscio, che teme che il patto possa aprire le porte ad altri riconoscimenti del Somaliland, e il Paese ha risposto espellendo l’ambasciatore etiope e rompendo quindi i rapporti diplomatici.
L’alleanza tra Egitto e Somalia
In questa disputa si è allora infilato l’Egitto che, in parallelo, ha creato un’alleanza militare proprio con la Somalia, a cui ad agosto ha iniziato a inviare armamenti pesanti, tra cui due aerei militari egiziani e che prevede che fino a 5mila soldati egiziani si uniscano a una nuova forza dell’Unione Africana (Ua) nella regione alla fine dell’anno, mentre altri 5mila sarebbero dispiegati separatamente.
Come se non bastasse la Somalia dopo avert stretto il patto con l’Egitto ha anche annunciato che le truppe etiopi non faranno più parte della forza dell’Ua a partire dal prossimo gennaio, quando inizierà la terza operazione di sostegno alla pace nella regione, missione che ha lo scopo di combattere i militanti islamici di al-Shabab presenti in quei territori. Al momento l’Etiopia ha almeno 3mila soldati di stanza nella nazione nell’ambito della missione Atmis (African Union Transition Mission in Somalia) che combatte gli insorti islamisti, mentre si stima che circa 5-7mila soldati siano dispiegati in altre regioni in base a un accordo bilaterale.
Tensione alle stelle
La questione è insomma molto intricata e complessa e la situazione rischia di precipitare in maniera incontrollabile in una guerra che potrebbe vedere Somalia ed Egitto da una parte ed Etiopia e Somaliland dall’altra. Oggi (lunedì 23 settembre) una nave da guerra egiziana ha consegnato un secondo importante carico di armi alla Somalia, tra cui cannoni antiaerei e artiglieria. Come riporta la Reuters, le forze di sicurezza hanno bloccato la banchina e le strade circostanti ieri e oggi mentre i convogli trasportavano le armi in un edificio del ministero della Difesa e nelle basi militari vicine.
“La Somalia ha superato la fase in cui si faceva imporre il proprio destino e aspettava l’affermazione di altri su con chi avrebbe dovuto impegnarsi. Conosciamo i nostri interessi e sceglieremo tra i nostri alleati e i nostri nemici. Grazie Egitto. Sovranità!”, ha scritto su X il ministro della Difesa di Mogadiscio, Abdulkadir Mohamed Nur, pubblicando una foto di lui che assiste all’arrivo della nave con le armi. Una chiara forma di provocazione che fa presagire che il momento di non ritorno potrebbe essere vicino.