Da giovedì 7 novembre su Prime Video è disponibile, con tutti i suoi sei episodi, Citadel: Honey Bunny, serie tv indiana che mischia azione e spy thriller. La serie indiana è il secondo spinoff del cosiddetto “Spyverse” ideato dai fratelli Anthony e Joe Russo per Prime Video, che ha debuttato con la serie madre Citadel e di recente ha avuto il suo primo spinoff italiano, Citadel: Diana, con Matilda De Angelis protagonista.
Non ci capita spesso di recensire serie tv realizzate in India, che pure con la sua Bollywood è tra i Paesi con la maggiore produzione di film e serie. Tuttavia, riteniamo che ci sia più di un motivo per non perdersi Citadel: Honey Bunny. Prima di dire quali siano, riassumiamo in breve e senza spoiler la trama.
Di cosa parla Citadel: Honey Bunny
La storia raccontata da questa serie si svolge in due anni diversi. Il primo è il 1992: Honey (interpretata da Samantha) è un’aspirante attrice che si è trasferita a Mumbai per cercare di sfondare nel mondo del cinema e mettersi definitivamente alle spalle il suo triste passato. Rahi Gambhir (interpretato da Varun Dhawan) è un suo amico di vecchia data, che l’ha convinta a raggiungerlo a Mumbai dove lui lavora, sempre nell’industria cinematografica, come stuntman.
Quello che Honey non sa è che Rahi ha anche un altro lavoro, quello di “agente Bunny” per un’organizzazione segreta. Honey lo scoprirà quando Bunny la coinvolgerà in una missione, per fermare il progetto Talwar, che cambierà per sempre le loro vite.
E così arriviamo al secondo anno raccontato dalla serie. È il 2000, Honey gestisce col fratello un ristorante nella città di Nainital. E ha una figlia di circa 7 anni, che ovviamente è figlia di Bunny. E qual è il suo nome? Nadia Sinh, ovvero la protagonista (interpretata da Priyanka Chopra) della serie madre Citadel. Nel 2000 Honey non ha più niente a che fare con Rahi/Bunny né con l’agenzia segreta, ma il suo passato è tornato a trovarla, con intenzioni tutt’altro che amichevoli. Non riveliamo oltre, ma se volete carpire qualche altro dettaglio potete guardare il trailer di Citadel: Honey Bunny in fondo all’articolo.
Perché guardare Citadel: Honey Bunny
Innanzitutto, ci sentiamo di fare una rassicurazione: in Citadel: Honey Bunny non ci sono quelle scene tra il kitsch e l’imbarazzante di cui ogni tanto sorridiamo quando vediamo il video di qualche spezzone di vecchio film bollywoodiano. Questa è una serie moderna, che non ha niente da invidiare alle produzioni occidentali.
Le scene di azione sono credibili e coinvolgenti (al netto del fatto che, sinceramente, Honey non sembra avere quella forza fisica di cui si vanta), come avevamo detto di Citadel: Diana e di Matilda De Angelis. Che però, ci sia concesso di esprimere i nostri gusti personali, ci ha fatto “girare la testa” molto più vorticosamente. Ma questo, appunto, dipende dal fatto che siamo fan di Matilda.
Nonostante ciò, va però sottolineato come Honey Bunny faccia meglio della “nostra” Diana nell’appassionare gli spettatori alla storia e ai suoi personaggi. Quella freddezza, quello scarso coinvolgimento che abbiamo rimarcato nella produzione italiana è qui soppiantata da un intreccio che trascina il pubblico e ne scalda cuore e cervello.
La narrazione su diversi piani temporali, che in Diana ci era sembrata a tratti forzosa senza riuscire a farci entrare in empatia con il personaggio principale, qui è funzionale alla costruzione di un legame emotivo con Honey, Bunny e la piccola Nadia.
E a proposito di Nadia, è doveroso rilevare che sì, in teoria ogni serie spinoff di Citadel è a sé stante ed è realizzate per poter essere vista e apprezzata anche senza aver visto le altre. Ma conoscere il passato della protagonista della serie madre, anche in vista delle proprie stagioni, ci pare un elemento importante per muoversi con piena consapevolezza nello Spyverse dei Russo Brothers.
Insomma, un motivo in più per vedere questa serie tv indiana (ma dal respiro internazionale). Che, bisogna dirlo, presenta secondo noi due possibili criticità a questo punto “tipiche” di Citadel. La prima è che, come in Diana, anche qui i riferimenti temporali sono ben precisi (sappiamo anche in che anno è nata Nadia, a questo punto), un’incoerenza rispetto alla serie madre che invece non indicava un anno preciso in cui si svolgevano le vicende portate sullo schermo.
La seconda è l’ormai schema fisso delle serie di questo universo narrativo, con l’agenzia “buona” che deve agire per impedire che una potente arma in grado di sconvolgere il mondo finisca nelle mani dell’agenzia “cattiva”: il “MacGuffin” è un espediente narrativo diffusissimo, lo sappiamo, ma forse sarebbe il caso di rompere (letteralmente) gli schemi prima che le serie di Citadel diventino la copia una dell’altra. Ma per ora, e per Honey Bunny, c’è ancora spazio per appassionarsi.