Pnrr e aborto, l’Ue prende le distanze

19.04.2024
Pnrr e aborto, l’Ue prende le distanze
Pnrr e aborto, l’Ue prende le distanze

Dalla Commissione europea dicono che non ci saranno fondi del Pnrr utilizzabili per misure come l’inserimento delle associazioni anti-abortiste nei consultori

La Commissione europea prende le distanze dall’emendamento inserito nel decreto Pnrr che apre le porte dei consultori agli esponenti delle associazioni anti-abortiste. Senza entrare nel merito della misura in sé, che in Italia fa discutere e litigare la politica, una portavoce dell’esecutivo europeo ha però precisato che la misura non ha nulla a che vedere con il Piano nazionale di ripresa e resilienza.

«Questo decreto contiene delle misure relative alla struttura di governance del Pnrr – ha spiegato la funzionaria Ue – e questi aspetti sono certamente legati al Pnrr. Ma ci sono anche altri aspetti che non hanno nulla a che vedere». Come ad esempio «questa legge sull’aborto».

Si tratta di una precisazione che la Commissione ha voluto fare per chiarire che non saranno certo i fondi del Pnrr a finanziare queste iniziative (che tra l’altro dovrebbero essere portate avanti «senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica», come recita il testo del provvedimento) e che questa misura non rientra certo tra gli obiettivi richiesti da Bruxelles per poter ottenere le risorse del Recovery.

Al tempo stesso, però, appare alquanto improbabile che l’adozione dell’emendamento possa in qualche modo mettere in discussione l’erogazione dei fondi UE, essendo appunto un provvedimento che «non ha nulla a che vedere» con il piano legato al Next Generation EU, ma che la maggioranza ha arbitrariamente scelto di collegare al decreto per l’attuazione del Pnrr.

Proprio la scorsa settimana l’Europarlamento aveva votato una risoluzione (giuridicamente non vincolante) per chiedere di inserire il diritto all’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, passaggio auspicato da Emmanuel Macron a margine del Consiglio europeo di ieri. Ma per farlo è necessario il via libera all’unanimità degli Stati membri e a oggi non sembrano esserci le condizioni. La risoluzione era stata approvata con 336 voti favorevoli, 163 contrari e 39 astenuti. Gli eurodeputati dei tre partiti che sostengono il governo Meloni (tranne alcune eccezioni) si erano schierati per il «no».

Fonte: LaStampa

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