La fine delle ostilità non è immediata: ci sono stati altri scontri. Le fasi del piano e le tempistiche reali, la reazione dei cittadini israeliani e palestinesi. Quale sarà il ruolo dell’Italia in concreto
Fine dei combattimenti e il ritorno a casa degli ostaggi. Il giorno più atteso è arrivato: alle 18 ora italiana del 15 gennaio 2025 è giunta la notizia della tregua tra Israele e Hamas. I cittadini scendono in piazza festanti, la politica celebra il successo ma lo stop alle ostilità non sarà immediato. Vediamo quando scatta effettivamente la tregua, cosa succede in Medio Oriente e cosa farà l’Italia.
Quando scatta davvero la tregua tra Israele e Hamas
Andiamo con ordine. Inizialmente gli Usa hanno detto che il cessate il fuoco a Gaza sarebbe entrato in vigore immediatamente. Non è così. Da Doha il primo ministro Mohammed Al Thani, confermando che l’accordo era stato raggiunto, ha annunciato che la tregua inizierà domenica 19 gennaio. Anche i rapiti dovrebbero cominciare a uscire dai tunnel di Gaza nello stesso giorno.
Le forze israeliane hanno voluto dare un nome simbolico all’organizzazione militare per riportarli indietro: “Wings of freedom” cioè “ali della libertà”. Sui primi 33 rapiti che saranno rilasciati nella prima fase dell’accordo, Israele ha messo una condizione non soggetta a trattativa: devono essere tutti vivi, nessuna salma. I primi tre a tornare dovrebbero essere donne civili e bambini: cioè Shiri e i due figli dai capelli rossi, di due anni (il compleanno cade sabato) e 5 e mezzo, Kfir e Ariel. Sarà il momento della verità e si saprà finalmente se sono ancora in vita, o morti da più di un anno, come ha dichiarato Hamas. Non sarà invece liberato Marwan Barghouti, leader della prima Intifada condannato a vita. Il governo Netanyahu avrebbe anche respinto la richiesta di Hamas di riavere il corpo di Yahya Sinwar, il leader di Hamas ucciso a ottobre.
A Gaza popolazione in festa per la tregua
Intanto da Gaza sono arrivate immagini con migliaia di persone in festa per celebrare il cessate il fuoco. Su X, il sito di notizie al Quds ha pubblicato video che fanno vedere uomini armati di Hamas che, a volto coperto, sfilano nelle strade della Striscia sparando colpi, sventolando la bandiera palestinese, gridando Allahu Akbar, dio è grande. Il cessate il fuoco è il frutto della “tenacia” palestinese, ha esultato la fazione islamista in un comunicato. A Tel Aviv, la reazione sembra essere più contenuta: “Era ora, non ne potevamo più. Avevamo in testa l’accordo per il rilascio dei rapiti ogni giorno, non riuscivamo a vivere senza pensare a quelli che non possono farlo liberamente”, dice un intervistato.
Le tre fasi dell’accordo tra Israele e Hamas
Nella prima delle tre fasi dell’accordo, che durerà sei settimane, oltre alla fine degli attacchi verranno liberati donne e minori israeliani, poi i soldati. In cambio di 33 ostaggi rilasciati saranno liberati oltre 1.000 prigionieri palestinesi, tra cui almeno 250 terroristi detenuti nelle carceri israeliane. Nella prima fase ci sarà un ritiro graduale delle forze israeliane dal centro di Gaza e il ritorno dei palestinesi sfollati nel nord dell’enclave. I negoziati per una seconda fase inizieranno entro il 16esimo giorno della prima fase, allo scopo di arrivare al rilascio di tutti gli ostaggi rimanenti, un cessate il fuoco permanente e il ritiro completo dei soldati israeliani dalla Striscia. La terza fase dovrebbe riguardare il ritorno di tutti i cadaveri rimasti e l’inizio della ricostruzione di Gaza sotto la supervisione di Egitto, Qatar e Nazioni Unite.

La tregua è solo sulla carta: ci sono altre vittime
Come detto la tregua è stata firmata, ma l’entrata in vigore è prevista per domenica. Ci sono stati altri attacchi da parte delle forze armate israeliane nella Striscia di Gaza. “Il nostro equipaggio ha recuperato 5 morti e più di 10 feriti da sotto le macerie di una casa bombardata dall’esercito israeliano nell’area di Al-Rimal, a ovest di Gaza City”, ha dichiarato con un comunicato l’Agenzia della Protezione civile di Gaza. Altre due persone sono morte in un attacco “all’incrocio di Al-Sha’biya, nel centro di Gaza City”, ha aggiunto l’Agenzia.
Prime crepe nell’accordo tra Israele e Hamas
La fragilità degli equilibri è però evidente già dai minuti successivi all’annuncio della tregua. Il capo ad interim di Hamas a Gaza, Khalil al-Hayya, ha dichiarato che Israele non è riuscito a raggiungere i suoi obiettivi a Gaza e ha giurato che il gruppo palestinese non perdonerà o dimenticherà.
Dall’altro lato, l’Ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu afferma che Hamas “sta chiedendo di dettare l’identità” dei prigionieri palestinesi da rilasciare e ricorda che Israele ha il diritto di veto sul rilascio di “assassini di massa che sono simboli del terrore”. In una dichiarazione rilasciata nella notte e citata dai media locali, l’ufficio di Netanyahu accusa quindi il movimento islamista al potere nella Striscia di Gaza di cercare di “tornare indietro” sui termini dell’accordo di tregua relativi al rilascio dei palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. “Il primo ministro ha incaricato il team negoziale di rispettare gli accordi presi e di respingere categoricamente i tentativi di ricatto dell’ultimo minuto da parte di Hamas”, viene aggiunto.
Trump si prende i meriti della tregua a Gaza
A dare l’annuncio della tregua è stato per primo Donald Trump. Intorno alle 18 italiane ha pubblicato un post su Truth con scritto: “Abbiamo un accordo per gli ostaggi in Medio Oriente. Saranno rilasciati a breve. Grazie!”. L’obiettivo era prendersene subito il merito, benché non si sia ancora insediato alla Casa Bianca, bruciando tutti sul tempo. L’annuncio di Joe Biden arriverà solo due ore dopo e ancora più tardi c’è stata la conferma ufficiale con la conferenza stampa del premier del Qatar Mohammed bin Abdulrahman Al Thani, che ha parlato dopo la diffusione di una dichiarazione congiunta dei tre Paesi negoziatori (Usa-Qatar-Egitto).4Trump di fatto si è preso i meriti: “Questo epico accordo di cessate il fuoco avrebbe potuto realizzarsi solo in seguito alla nostra storica vittoria di novembre, poiché ha segnalato al mondo intero che la mia amministrazione avrebbe cercato la pace e negoziato accordi per garantire la sicurezza di tutti gli americani e dei nostri alleati Abbiamo ottenuto così tanto senza nemmeno essere alla Casa Bianca. Immaginate tutte le cose meravigliose che accadranno quando tornerò alla Casa Bianca e la mia amministrazione sarà pienamente confermata, così da poter garantire altre vittorie per gli Usa”.
Ancora una volta parole che stridono con quelle di Biden, due ore dopo. Il presidente uscente ha sottolineato i “molti mesi di tenace e scrupolosa diplomazia americana”. E quando un giornalista gli ha chiesto se il merito dell’accordo spettasse a lui o a Trump, ha risposto: “È una battuta?”, ricordando che l’accordo riflette esattamente la cornice che aveva delineato lo scorso maggio e definendolo “uno dei più difficili della mia carriera”. Ma ha ammesso che c’è stato un gioco di squadra con il team del suo successore, al quale spetterà il compito di “implementare” l’accordo.
Militari italiani a Gaza
Anche l’Italia esprime soddisfazione per l’accordo, ma si guarda oltre, e cioè alla stabilizzazione dei rapporti tra israeliani e palestinesi. In questa prospettiva, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha spiegato che Roma “è pronta” a inviare un proprio contingente in una futura missione di pace, sotto l’egida dell’Onu, per replicare il modello Unifil in Libano. Per Tajani il primo obiettivo, nell’immediato, è “consolidare la tregua” e rilanciare i negoziati ad ampio spettro tra israeliani e palestinesi per approdare alla soluzione dei due Stati. Lunedì Tajani sarà in Israele e Palestina “proprio per incoraggiare e favorire questo processo”. Il vicepremier immagina un contingente internazionale di militari con funzioni di “caschi blu”. E “noi siamo pronti a dare una presenza militare” a questa missione, ha assicurato Tajani, ragionando su una “sorta di amministrazione modello Unifil in Palestina per unificare la Striscia di Gaza con la Cisgiordania”.
Quella dei peacekeeper in Palestina è una proposta che Tajani aveva già rilanciato all’inizio della presidenza del G7 del 2024, ma adesso la prospettiva è più concreta, soprattutto se la tregua appena siglata tra Hamas e Israele porterà al progressivo ritiro dell’Idf da Gaza.