Circa il 69 per cento degli edifici nella Striscia è stato distrutto, tra cui circa il 90 per cento delle unità abitative. Sparite dai radar anche 136 scuole e università, così come 823 moschee, più di 200 istituzioni governative e l’80-96 per cento delle risorse agricole. Gaza dovrà essere costruita quindi anche a livello economico
Dopo 15 mesi di bombardamenti israeliani sulla Striscia è arrivata la tregua, seppur molto fragile. L’incertezza è tanta, perché resta il timore che questa possa non essere davvero la fine della guerra e dell’incubo. E questo sempre che si arrivi in fondo alle tre fasi dell’accordo di tregua perché soltanto allora, entrerà in scena il verbo ricostruire.
Il costo umano del conflitto a Gaza è incalcolabile: i morti sono oltre 46mila, ma secondo lo studio di Lancet, le vittime di questa guerra sono molte di più, tra i 55.298 e i 78.525. I più intensi combattimenti mai visti tra l’esercito israeliano e Hamas hanno ridotto in macerie vaste aree di Gaza e si prevede che la ricostruzione richiederà decenni. A Gaza sono stati cancellati quasi 200mila edifici e ha lasciato almeno il 70 per cento della Striscia in rovina, secondo i funzionari palestinesi. Circa il 90 per cento della popolazione della Striscia è stata sfollata dalle proprie case. Secondo le Nazioni Unite il sistema sanitario, la rete stradale e altre infrastrutture vitali sono state gravemente danneggiate.
Il costo e peso delle macerie
I bombardamenti israeliani e le operazioni di terra hanno trasformato interi quartieri in una landa desolata, con gusci anneriti di edifici e cumuli di detriti che si estendono in tutte le direzioni. Secondo le stime dell’Onu (ferme a ottobre scorso) sulla Striscia pesano oltre 42 milioni di tonnellate di detriti, tra edifici distrutti ancora in piedi ed palazzi rasi al suolo. Si tratta di 14 volte la quantità di macerie accumulate a Gaza tra il 2008 e l’inizio della guerra dopo il 7 ottobre, e oltre cinque volte la quantità lasciata dalla battaglia di Mosul in Iraq del 2016-17, ha affermato l’Onu. Le stime più aggiornate arrivano però dal Times UK, che pochi giorni fa ha riportato un nuovo numero: 50,8 milioni di tonnellate, circa 12 volte la grandezza della Grande Piramide di Giza.
I tempi necessari per la loro rimozione si aggira attorno ai 14 anni, con costi di 280 milioni di dollari ogni 10 milioni di tonnellate. Quindi, calcolatrice alla mano, per la rimozione di 50,8 milioni di tonnellate di macerie a Gaza sono necessari almeno un miliardo e mezzo di dollari. La necessità, in un primo momento, sarà ripristinare i servizi sanitari. Secondo stime preliminari, saranno necessari almeno 10 miliardi di dollari per ricostruire o aggiustare le strutture sanitarie nei prossimi cinque anni.
La rimozione di quell’ammasso di detriti mostrerà il risultato orrendo di questi 15 mesi di bombardamenti: sotto le macerie, ci sono anche cadaveri e resti di corpi, circa 10mila secondo il ministero della Salute palestinese. Ma anche bombe inesplose, per un totale di 7.500 tonnellate di ordigni inesplosi.
Ma come verranno smaltiti questi detriti? Nell’operazione di rimozione e smaltimento dei rifiuti si dovrà tenere conto anche della presenza di materiali pericolosi come l’amianto. Secondo una stima del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, potrebbero essere contaminate dal materiale cancerogeno circa 2,3 milioni di tonnellate di detriti. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha registrato quasi un milione di casi di infezioni respiratorie acute a Gaza nell’ultimo anno, senza specificare quanti di questi siano collegati all’esposizione all’amianto.
Quanto costerà costruire Gaza
Non è secondario capire dove portare tutto questo cumulo di detriti. Le macerie di Gaza sono state precedentemente utilizzate per aiutare a costruire porti marittimi. L’Onu spera ora di riciclarne una parte per le reti stradali e per rafforzare la linea costiera. Tuttavia, Gaza, che prima della guerra aveva una popolazione di 2,3 milioni di persone stipata in un’area lunga 45 km e larga 10 km, non ha lo spazio necessario per lo smaltimento, secondo il Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP). E le discariche che potrebbero ospitare le macerie sono attualmente sotto il controllo israeliano. La bonifica delle macerie e l’eventuale ricostruzione delle case richiederanno miliardi di dollari nonché la capacità di portare materiali da costruzione e attrezzature pesanti nel territorio, cosa che al momento non è garantita per la carenza di carburante nella Striscia.

A chi spetta dunque la ricostruzione della Striscia dopo la guerra? Le aziende egiziane associate all’intelligence militare o di sua proprietà gestiranno e intraprenderanno i primi sforzi per la ricostruzione, tra cui la rimozione dei detriti di guerra, la riparazione delle strade danneggiate, la costruzione di alloggi temporanei e il ripristino di infrastrutture essenziali per la sanità, acqua ed elettricità. L’Egitto ha maturato molta esperienza nella gestione di progetti di ricostruzione a Gaza, come è accaduto dopo l’operazione Margine Protettivo. Nella Striscia, la responsabilità finanziaria primaria per la ricostruzione e la gestione dei sistemi civili potrebbe ricadere sul Qatar (che gioca un ruolo determinante per questo accordo di tregua), che potrebbe operare tramite aziende egiziane.
All’inizio del 2024, la Banca Mondiale offrì un conteggio delle spese iniziali: 18 miliardi di euro solo per la prima fase di ricostruzione. L’Onu stima che i lavori di ricostruzione nella Striscia di Gaza si aggirano attorno agli 80 miliardi di dollari, 25 volte di più rispetto a quanto è costato dopo l’Operazione Margine Protettivo nel 2014. La somma particolarmente elevata deriva dal fatto che circa il 69 per cento degli edifici nella Striscia di Gaza (oltre 170.000) è stato distrutto, tra cui circa il 90 per cento delle unità abitative. Sparite dai radar anche 136 scuole e università, così come 823 moschee, più di 200 istituzioni governative e l’80-96 per cento delle risorse agricole. Gaza dovrà essere costruita quindi anche a livello economico. Secondo una stima della Conferenza delle Nazioni Unite dello scorso ottobre, per il commercio e lo sviluppo potrebbero essere necessari 350 anni perché l’economia di Gaza torni ai livelli dell’anteguerra. A meno che il blocco israeliano del territorio non verrà sollevato.