Secondo l’Agenzia europea per l’Ambiente siccità e inondazioni saranno sempre più frequenti. Mancano le zone umide e le risorse idriche superficiali e sotterranee sono gestite male
Inquinate, sfruttate eccessivamente e in pericolo a fronte dei cambiamenti climatici. La situazione delle acque in Europa è drammatica. Appena il 37 per cento delle acque di superficie risulta in buona o ottima salute, il resto si trova di fronte a sfide che potrebbero comprometterle definitivamente nel giro di pochi anni. In Italia si registrano alcune delle situazioni più gravi, con fenomeni intensi di siccità, perdita di zone umide, inquinamento delle acque superficiali e sovrasfruttamento delle risorse sotterranee. La denuncia arriva dall’Agenzia europea dell’ambiente (Aea), che chiede con insistenza alle istituzioni di Bruxelles e agli Stati membri uno sforzo coordinato per tutelare una risorsa essenziale per la nostra sopravvivenza.
Lo stress idrico, vedi alla voce siccità, si alternerà sempre più spesso ad inondazioni estreme. Una situazione che il Belpaese sta già testando da alcuni anni senza però trovare i rimedi adatti. Gli ultimi eventi estremi ricordati nel report risalgono al 2023, quando si sono verificate gravi alluvioni con perdite di vite umane in Italia, Norvegia, Slovenia e lungo la costa mediterranea. “La salute delle acque europee non è buona. Le nostre acque stanno affrontando una serie di sfide senza precedenti che minacciano la sicurezza idrica in Europa”, ha dichiarato la direttrice dell’Agenzia Leena Leena Ylä-Mononen in un comunicato.
La scomparsa delle zone umide
Tra i problemi alla base della siccità non ci sono solo temperature più elevate. I Paesi europei si scontrano con la perdita progressiva di zone umide. L’Italia ad esempio ha perso dal 1700 più del 75 per cento di queste aree. Peggio ancora la situazione in Irlanda (- 90 per cento), come pure in Germania, Lituania, Ungheria e Paesi Bassi. “La perdita di zone umide ha aumentato la vulnerabilità di molti bacini idrici agli impatti negativi”, ha sottolineato il report dell’Aea sullo “Stato delle acque 2024”.
La stragrande maggioranza degli habitat umidi protetti in Europa si trova poi in uno stato di conservazione scarso o pessimo. Ad esacerbare le pessime condizioni contribuisce sia l’uomo in maniera diretta col drenaggio dei terreni, la conversione degli habitat e l’agricoltura, sia le pressioni legate al cambiamento climatico. Le variazioni delle precipitazioni, l’aumento delle temperature e l’innalzamento del livello del mare, mettono ancora più in pericolo la biodiversità di queste aree, compromettendo di conseguenza il loro funzionamento ecologico a lungo termine.
Acque sotterranee sfruttate troppo
La situazione che preoccupa di più riguarda le acque sotterranee, che forniscono il 65 per cento dell’acqua potabile e il 25 per cento di quella per l’irrigazione agricola nell’Ue. Essendo una risorsa limitata, andrebbe protetta dall’inquinamento e dall’estrazione eccessiva, anche per far fronte ai periodi di siccità più gravi. Secondo l’Agenzia europea dell’Ambiente questa preziosa risorsa viene invece sovrasfruttata, con una pressione significativa sul 18 per cento delle acque sotterranee. L’estrazione più incisiva è stata riscontrata nel 2021 in Belgio, Portogallo ed Estonia.
“Il mancato raggiungimento di un buono stato quantitativo dei corpi idrici sotterranei è più frequente in alcuni distretti idrografici di Belgio, Francia, Italia e Spagna”, scrivono gli esperti dell’Eea. Per quanto riguarda le acque superficiali, il maggior numero di estrazioni è stato riscontrato in Italia, Francia e Spagna. La pressione di prelievo maggiore sia sulle acque superficiali che su quelle sotterranee deriva dall’agricoltura, che determina il più alto consumo netto di acqua a livello di Ue, “poiché la maggior parte dell’acqua viene consumata dalle colture o evapora e quindi non viene restituita all’ambiente”, scrivono gli esperti.
Il contributo dei pesticidi al degrado delle acque
Nel mirino del report sono finiti anche i pesticidi. Le emissioni di azoto del settore rurale sono aumentate di tre volte tra gli anni ’60 e ’80, sottolinea il rapporto. La responsabilità principale, come è noto, è dovuto agli allevamenti intensivi che contribuiscono per l’81 per cento agli apporti di azoto nei sistemi acquatici. Utilizzando i dati sulle vendite di pesticidi, risulta che circa 350mila tonnellate vengono vendute ogni anno. Un dato rimasto stabile tra il 2011 e il 2020. “Va notato, tuttavia, che molti dei pesticidi più recenti hanno una tossicità specifica più elevata, cioè una maggiore tossicità per unità di peso”, sottolineano gli autori.
È quindi possibile che a parità di fitofarmaci venduti, la mole di tossicità nell’ambiente sia stata maggiore negli ultimi anni. Anche in questo caso l’Italia figura tra gli Stati dove è stata riscontrata la maggior parte della pressione e dell’impatto dei pesticidi sulle specie acquatiche. A farle compagnia ci sono Belgio, Bulgaria, Cipro, Francia, le parti nord-occidentali della Germania, Paesi Bassi, Romania e Spagna.
In attesa di nuove regole sui pesticidi
Il nuovo regolamento sui pesticidi, che avrebbe dovuto abbattere il loro uso del 50 per cento (e dell’80 per cento per quelli più tossici) è tramontato nella scorsa legislatura. “Sapete bene che a causa della mancanza di progressi sia a livello di Parlamento europeo che di Consiglio, alla fine si è deciso di ritirare la proposta. Direi che c’è una chiara determinazione ad agire in questo contesto”, si è limitata a dichiarare nel corso della conferenza stampa Veronica Manfredi, responsabile della direzione generale Ambiente intervenuta durante la presentazione del report.
La presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha promesso di presentare entro i primi 100 giorni del suo mandato una proposta basata sul Dialogo sul futuro dell’Agricoltura, che dovrebbe rispondere alle sfide della transizione ecologica garantendo al contempo un giusto reddito ai produttori agricoli. Solo allora si capirà quanto i vertici europei si impegneranno concretamente nella tutela di un bene essenziale come l’acqua.