Striscia di Gaza, le prospettive dopo il rilascio degli ostaggi e le incertezze del piano Trump

12.10.2025 09:55
Striscia di Gaza, le prospettive dopo il rilascio degli ostaggi e le incertezze del piano Trump

Incertezze nella successione a Hamas dopo il rilascio degli ostaggi

Con l’avvio della fase uno del piano di Trump, le manovre per la successione a Hamas si stanno intensificando, minacciando di rallentare o compromettere i successivi avanzamenti. In un comunicato congiunto, Hamas, Jihad islamica e il Fronte popolare hanno rifiutato una tutela esterna per Gaza, affermando che tutto deve rimanere nel contesto palestinese. Bassem Naim di Hamas ha anche escluso un disarmo totale, lanciando un avvertimento mentre i garanti dell’intesa lavorano per definire la missione della forza internazionale di stabilizzazione, l’Isf, riporta Attuale.

Coordinate della missione internazionale

L’inviato speciale americano Steve Witkoff ha fatto visita alla zona dove operano le unità israeliane, accompagnato dal generale Brad Cooper, a capo del Centcom. Finora sono stati inviati 200 soldati statunitensi, dislocati nella base aerea di Hatzor, che dovrebbe fungere da snodo centrale. Gli americani guideranno le operazioni senza entrare a Gaza, delegando il lavoro a qatarini, egiziani, turchi, emiratini e, possibilmente, truppe da altri Paesi musulmani, come Indonesia, Marocco e Stati dell’Asia centrale. È ancora incerto se le forze europee parteciperanno; Francia e Italia hanno espresso disponibilità, con Parigi interessata a operare sotto l’egida dell’Isf e Roma a ipotizzare un’azione nel contesto ONU. Tuttavia, molti dettagli devono essere definiti. La vaghezza ha servito a ottenere il consenso dei vari attori, ma la risoluzione dei nodi è stata rinviata per consentire di raggiungere un risultato rapido sulla liberazione degli ostaggi e dei prigionieri.

Le sfide interne a Gaza

Tra i principali ostacoli spicca l’arsenale di Hamas: il movimento è disposto a cederne solo una parte e intende trasferirla all’autorità palestinese che gestirà Gaza, chiedendo anche di far parte della polizia. Venerdì scorso, i suoi agenti sono riapparsi in alcune aree della Striscia, mobilitando 7.000 uomini e nominando 5 governatori. Un altro problema riguarda il «board» incaricato di sovraintendere all’accordo, presieduto formalmente da Trump, con l’ex premier britannico Tony Blair ventilato come proconsole. I palestinesi rifiutano questo approccio, mentre Hamas mira a mantenere una presenza radicata nella Striscia, anche se non ufficialmente riconosciuta.

Complessa situazione di sicurezza

Gaza ospita una miriade di formazioni, compresi Hamas, Jihad, vari Fronti e milizie di Fatah, rendendo la situazione interna intricata. Si teme che la casa madre possa formalmente accettare il piano, mentre gruppi dissidenti potrebbero opporsi. Vi sono anche clan locali, alcune delle quali specializzate nella costruzione di gallerie e nel contrabbando. Gruppi criminali potrebbero trovare spazio in un contesto di assenza di autorità efficace, come dimostrano i recenti scontri tra clan e le operazioni di Hamas contro sospetti collaboratori con il nemico, carta spesso usata per eliminare l’opposizione. Il richiamo dei poliziotti è giustificato dalla necessità di mantenere l’ordine.

Infine, Netanyahu ha minacciato ripercussioni se vi saranno violazioni degli accordi, sottolineando che l’IDF occupa ancora il 50% della Striscia: ciò rende estremamente sensibile il rispetto delle regole stabilite.

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