Torna il redditometro, nel mirino i redditi dal 2018

21.05.2024
Torna il redditometro, nel mirino i redditi dal 2018
Torna il redditometro, nel mirino i redditi dal 2018

Il nuovo strumento si basa su una campionatura di spese presunte per nucleo familiare divise in 11 categorie e distribuite tra 5 aree geografiche

Èstato approvato il decreto ministeriale che reintroduce il redditometro, applicabile agli avvisi di accertamento a partire dal 2016, considerando le scadenze maturate fino al 2018. Il Decreto Ministeriale del 7 maggio 2024, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale di ieri, lunedì 20 maggio, ha reintrodotto il redditometro, lo strumento di accertamento fiscale del reddito dei contribuenti che era stato sospeso dall’articolo 10 del Decreto Legislativo 87/2018.

Il fisco torna così a mettere sotto la lente le capacità di spesa dei contribuenti per risalire ai loro redditi: dalle spese per l’auto a quelle per la casa, dal costo delle utenze a quelle per il possesso di barche. Scatta di nuovo il possibile utilizzo del redditometro, uno strumento che il fisco utilizza per risalire al reddito presunto dei contribuenti-persone fisiche.

Il cosiddetto redditometro, ufficialmente chiamato «accertamento sintetico di tipo sintetico» è uno strumento di controllo fiscale usato dall’Agenzia delle Entrate per stimare il reddito presunto nei confronti delle sole persone fisiche ai fini Irpef. Il suo scopo infatti è analizzare le spese fatte dal contribuente e confrontarle con il reddito dichiarato: se le prime superano di oltre il 20% il secondo, scatta la presunzione di irregolarità. In particolare il nuovo redditometro si basa su una campionatura di spese presunte per nucleo familiare, suddivise in 11 categorie e distribuite tra cinque aree geografiche del Paese.

Il nuovo decreto prevede l’avvio della nuova determinazione sintetica del reddito sulla base sia delle spese «presuntivamente attribuibili al contribuente sulla base di una campionatura per nuclei familiari» e «per distribuzione sulle varie aree del territorio nazionale», sia della «quota di risparmio formatasi in ciascun anno, sia delle spese effettivamente sostenute, risultanti dall’Anagrafe tributaria, anche diverse da quelle tipizzate nella tabella allegata al decreto».

In assenza di dati rinvenibili nell’anagrafe tributaria, si prendono in considerazione i beni essenziali al fine di posizionarsi al limite del livello di povertà assoluta e, in assenza di indicazioni utili ricavate nel contraddittorio con il contribuente, si assume il relativo valore stimato ai fini Istat.

Rientrano anche le spese dei familiari fiscalmente a carico

Si imputano al contribuente anche le spese che risultano sostenute dai familiari fiscalmente a carico. Non si considerano invece i costi relativi «esclusivamente ed effettivamente» all’esercizio di attività d’impresa o di lavoro autonomo, a condizione che ciò risulti debitamente comprovato. I costi per investimenti si assumono al netto dei disinvestimenti effettuati nell’anno e nei quattro anni precedenti l’acquisto. L’acquisto di immobili si valorizza al netto del mutuo stipulato per l’acquisto.

Fonte: LaStampa

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