Cosa pensa il governo Meloni del suicidio assistito

19.06.2024
Cosa pensa il governo Meloni del suicidio assistito
Cosa pensa il governo Meloni del suicidio assistito

Oggi alla Consulta si discute la vicenda di Massimiliano, malato incurabile affetto da sclerosi multipla accompagnato a morire in Svizzera da Marco Cappato, Chiara Lalli e Felicetta Maltese. “Il governo si costituisce per la nostra condanna fino a 12 anni di carcere sulla base di una legge del 1930”, denunciano dall’Associazione Luca Coscioni

A5 anni di distanza dalla sentenza storica del 2019 con la quale la Corte Costituzionale decise che non era punibile chi – sotto precise condizioni – aiuta a morire un malato terminale, oggi, 19 giugno, i giudici della Consulta sono nuovamente chiamati ad esprimersi sul suicidio medicalmente assistito.

La vicenda riguarda Massimiliano, 44enne di San Vincenzo affetto da sclerosi multipla, che nel 2022 fu accompagnato in Svizzera con un atto di disobbedienza civile, da Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, la giornalista Chiara Lalli e l’attivista Felicetta Maltese. Al loro rientro in Italia i tre si autodenunciarono ai carabinieri di Firenze, finendo quindi indagati. Ora rischiano una condanna dai 5 ai 12 anni di carcere in base a una legge del 1930 sull’istigazione o aiuto al suicidio. Al termine delle indagini preliminari il gip ha sollevato la questione di legittimità costituzionale su uno dei requisiti fissati nella sentenza del 2019, in particolare il “sostegno vitale”.

Nel caso di dj Fabo, la Corte costituzionale aveva infatti stabilito che, per poter accedere legalmente all’aiuto medico alla morte volontaria, la persona deve essere capace di prendere decisioni libere e consapevoli; essere affetta da patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che reputa intollerabili, e che sia dipendente “da trattamenti di sostegno vitale”.

Ma Massimiliano, spiegano dalla Coscioni, “non era dipendente da un trattamento di sostegno vitale inteso in senso restrittivo (come per esempio la ventilazione meccanica), nonostante fosse totalmente dipendente dall’assistenza di terze persone”. Per questo la Cassazione è ora chiamata ad esprimersi per decidere se ampliare o meno l’interpretazione di cosa sia configurabile come “sostegno vitale” e cosa no.

Il governo Meloni, fa sapere l’associazione Coscioni, ha deciso di intervenire nel procedimento, chiedendo che  “la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata inammissibile” o “infondata”. Ma cosa implica esattamente il nodo del “sostegno vitale” e qual è la posizione del governo?

Cappato: “Il governo spinge per la nostra condanna”

Il governo si è costituito nel procedimento perché l’accoglimento della questione di legittimità costituzionale sul sostegno vitale da parte della Consulta, si risolverebbe in uno stravolgimento “in senso irragionevolmente ed ingiustificatamente ampliativo”. “Quindi, secondo il governo – dicono dall’Associazione Coscioni – la materia del fine vita dovrebbe essere trattata dal Parlamento, fingendo di ignorare che, a oltre sei anni di distanza dal primo monito della Consulta (con l’ordinanza n. 207 del 2018), il Parlamento è rimasto inerte, incluso con l’attuale maggioranza”.

“Con questa costituzione, e nel merito della memoria depositata, il governo Meloni chiede una decisione della Corte che implicherebbe il rischio di una condanna da 5 a 12 anni carcere di Chiara Lalli, Felicetta Maltese e me per avere aiutato Massimiliano ad accedere all’aiuto alla morte volontaria in Svizzera”, denuncia Cappato.

Anche Nordio aveva spronato il Parlamento ad intervenire

“A nulla sono valse, evidentemente, le parole del ministro della Giustizia Carlo Nordio” – dichiara Cappato – che il 20 maggio aveva dichiarato ‘ultimamente su questo l’attività del Parlamento è lenta rispetto a quella della Corte costituzionale, che in questo senso sembra essere più realistica e sembra camminare in modo più veloce e anche in modo più pragmatico nel confronto col Parlamento’. In queste settimane e mesi si evoca spesso -non sempre a proposito – il fascismo e il post-fascismo”.

“Mi auguro – prosegue – che ciascuna personalità e forza politica, sia di maggioranza sia di opposizione, sappia fare la differenza tra gestualità e simboli, da una parte, e norme del fascismo ancora in vigore, come l’articolo 580 del codice penale in base al quale il governo spinge per la nostra condanna, dall’altra, e si comporti di conseguenza. In ogni caso, con Chiara, Felicetta e gli altri disobbedienti, nel pieno rispetto della sentenza della Consulta, qualunque sarà l’esito, siamo pronti ad affrontare le conseguenze della nostra azione, e continueremo fino al raggiungimento dell’obiettivo di ottenere il pieno riconoscimento del diritto all’autodeterminazione alla fine della vita”.

Un diritto senza legge, la posizione del governo Meloni e il caso dell’Emilia Romagna

Dalla sentenza del 2019 da parte della Corte Costituzionale, dal Parlamento non è stato fatto alcun passo in avanti per la legislazione sul fine vita. Non esiste quindi alcuna legge che cristallizzi il diritto sancito dalla Consulta. Succede quindi che, dopo mesi e mesi, caso per caso, le Asl diano il via libera ai malati che rispondono ai quattro requisiti per il diritto alla morte volontaria. I casi sono pochissimi e la procedura arriva a compimento dopo mesi di richieste e a volte denunce. 

L’inazione del Parlamento sul tema non è quindi cosa nuova e appelli per un intervento legislativo sono arrivati a più riprese dalla stessa Corte Costituzionale. “Se rimane l’inerzia del Parlamento, la Corte a un certo punto non potrà più intervenire”, ha dichiarato a marzo il presidente della Consulta Alberto Barbera. 

La posizione di Fratelli d’Italia sul tema del suicidio assistito è chiarissima, ma lo stesso non può dirsi dell’intera coalizione di governo. Uno spaccato delle posizioni composite della maggioranza è apparso chiaramente lo scorso gennaio con la votazione, in Veneto, sulla legge d iniziativa popolare sul suicidio assistito elaborata dall’associazione Coscioni. “No” di Forza Italia e FdI, Lega invece divisa, con Luca Zaia favorevole e un manipolo di consiglieri che lo hanno seguito. 

“Una vita vale sempre, in tutte le sue fasi e in ogni condizione. La posizione di Fratelli d’Italia è chiarissima: domani i nostri consiglieri voteranno no al suicidio assistito”, aveva annunciato Maddalena Morgante, responsabile nazionale del dipartimento “Famiglia e Valori non negoziabili di Fratelli d’Italia”. “Bisogna lavorare per eliminare la sofferenza, non il sofferente”.

Come ignorare poi lo zampino messo dal governo a fine febbraio sull’iniziativa dell’Emilia Romagna, che aveva approvato due delibere per l’accesso al suicidio medicalmente assistito proprio con l’obiettivo di dare attuazione alla sentenza della Corte. In pratica, la Regione aveva cercato di supplire con una propria normativa all’inazione del Parlamento, ma il governo ha fatto ricorso al Tar contro le delibere regionali. 

Queste contenevano una serie di linee guida per le Asl nelle quali venivano stabilite iter e tempistiche per l’accesso al suicidio assistito. In particolare veniva fissato a un massimo di 42 giorni il lasso di tempo da far trascorrere tra la domanda del paziente e l’eventuale esecuzione della procedura. Di fronte all’iniziativa della giunta di Bonaccini il governo Meloni ha proceduto a ricorrere al Tar chiedendo l’annullamento delle delibere perché evidenzierebbero una sostanziale “carenza di potere dell’ente”, e le motivazioni presentate nelle linee guida sarebbero “contraddittorie e illogiche”. Lo ha spiegato la consigliera regionale di Forza Italia Valentina Castaldini parlando di “un eccesso di potere perpetrato dalla giunta Bonaccini, che così facendo eludeva di fatto la discussione e il voto in Assemblea legislativa”.

La forzista aveva poi espresso “entusiasmo per l’azione messa in campo dal governo che con questo atto formale, conferma e rafforza il lavoro di questi mesi”. Tra gli elementi contestati inoltre, vi sarebbe anche l’istituzione del Corec, il Comitato regionale per l’etica nella clinica, incaricato di esprimere un parere non vincolante sulle decisioni relative ai pazienti. 

Cosa pensano gli elettori del centro-destra?

Da un sondaggio commissionato dall’Associazione Luca Coscioni all’istituto Swg, emerge peraltro che sul tema la società civile sarebbe ben più avanti dei rappresentanti al governo. Elettori dei centro-destra compresi. 

Stando al sondaggio, l’84 per cento degli italiani si dichiara pro-eutanasia; dato che scende di un solo punto – 83 per cento – gli elettori di Fratelli d’Italia e di Forza. Tra gli elettori del Carroccio, a dirsi favorevoli a una legge sulla morte volontaria assistita sono il 77 per cento. Numeri che confermano un forte sostegno dell’opinione pubblica per il diritto all’autodeterminazione individuale.

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