Meloni a Tirana cerca il rilancio e finisce a litigare con Macron

17.05.2025 14:41
Meloni a Tirana cerca il rilancio e finisce a litigare con Macron
Meloni a Tirana cerca il rilancio e finisce a litigare con Macron

La premier accerchiata e spinta ai margini prova a uscire dal vicolo cieco. Chiede e alla fine ottiene, con oltre 24 ore di ritardo, che il governo tedesco smentisca l’indiscrezione sparata da Die Welt, quella secondo cui l’Italia sarebbe stata depennata dal novero dei paesi di primaria importanza strategica per Berlino su pressione della Spd. Meglio tardi che mai. A Tirana, dove si riunisce la Comunità politica europea, strappa persino una specie di “foto riparatrice” in cui con Zelensky, Starmer, von der Leyen e Tusk c’è lei e non ci sono Macron e Merz. Si gode il trattamento da regina che le riserva il presidente corteggiatore albanese Edi Rama, tipo teatrale che non esita a inginocchiarsi salutandola come «la protettrice dell’Albania».

MA QUANDO, ALLA FINE del vertice, Macron, Merz, Starmer, il polacco Tusk e Zelensky si vedono per fare sul serio e contattano al telefono anche Trump l’italiana non c’è. A casa l’opposizione si scatena: ecco cosa significa essere superflui, non contare assolutamente niente. Lei replica subito e a brutto muso: «L’Italia ha dichiarato di non essere disponibile a mandare truppe in Ucraina. Non avrebbe senso partecipare a format che hanno obiettivi sui quali non siamo disponibili». I riuniti erano i Volenterosi, quelli pronti anzi decisi a inviare truppe per difendere la pace, quando ci si arriverà. L’Italia non intende farlo. Quindi per «chiarezza e coerenza» non era il caso di sedersi a quel tavolo.

MELONI ANZI RILANCIA: «L’opposizione ci chiede di partecipare a questi formati perché dovremmo mandare le truppe o per fare una foto e poi dire di no?». Macron però la rintuzza e la smentisce ruvido: «Non abbiamo parlato di truppe ma di un cessate il fuoco. Di false informazioni bastano quelle russe». I rapporti tra i due leader sono quello che sono, da schiaffoni reciproci, ma è un fatto che dal consesso fosse assente anche Ursula von der Leyen che, come presidente della Commissione, non poteva partecipare a un format limitato ai Volenterosi. Soprattutto resta il fatto che ad avere voce in capitolo sull’Ucraina sono oggi proprio i Volenterosi. Stare fuori da quel gruppo significa finire relegati nell’angolo.

Nell’infilarsi nel vicolo cieco dal quale ora non sa come uscire Meloni ci ha messo del suo, dilapidando in due mesi di sbandata trumpiana il capitale di credibilità europeista che aveva accumulato in oltre due anni proprio grazie alla posizione fermissima sull’Ucraina. Ora prova a recuperare ingranando una piena retromarcia. Il suo discorso di ieri a Tirana è un peana europeista che avrebbe fatto rabbrividire la Meloni di quattro anni fa: «Intorno a questo tavolo c’è chi non ha aderito alla Ue e chi aspira a entrarci. Ma non sono meno europei dei 27 della Ue. L’Europa è la casa comune ed essere qui oggi è un passo nel processo storico di riunificazione dell’Europa». L’Ucraina è tornata a essere quella che era prima dell’ubriacatura trumpiana, il baluardo d’Europa: «La nostra libertà e la nostra sicurezza dipendono dal ristabilimento della forza del diritto sulla legge dei più forti. Ogni giorno l’eroismo e la tenacia del popolo ucraino ci ricordano cos’è l’Europa, il senso più profondo della nostra identità comune: la libertà».

Non basta a dissipare i sospetti addensatisi in poche settimane. Pesa anche l’incontro di mercoledì scorso con il candidato rumeno antieuropeista Simion, nonostante la premier lo abbia visto nella sede del partito e non a palazzo Chigi in quanto aderente al suo stesso eurogruppo, quello dei Conservatori. Incide il clamoroso errore della settimana scorsa, quella scelta di non partecipare di persona al vertice di Kiev che è suonato come una eloquente presa di distanza italiana. Proprio per questo palazzo Chigi si sta adoperando per un nuovo vertice con gli stessi partecipanti, al quale si può star certi che stavolta la premier si presenterà in carne e ossa.

IL TENTATIVO DI ROMPERE l’assedio, comunque, proseguirà con maggior lena oggi stesso e poi domani. Nel pomeriggio a Roma Meloni vedrà Merz. Sarà un incontro lungo e dettagliato. Chiederà un impegno formale a coinvolgere l’Italia ogni volta che un vertice rivesta importanza internazionale reale. Domani, poi, tutti i leader saranno a Roma per l’intronizzazione di Leone XIV e la diplomazia di Chigi cercherà di tessere una tela diplomatica eclatante. Con il miraggio di un incontro a tre: il papa, la premier, il presidente ucraino. Quello sì che sarebbe il colpo grosso: peccato che sia quasi impossibile. Però non si sa mai.

Da non perdere