Il voto negato ai disabili mentali

07.06.2024
Il voto negato ai disabili mentali
Il voto negato ai disabili mentali

La denuncia in Belgio: le persone sottoposte a tutela legale sono state private del diritto di recarsi alle urne. Un problema che riguarderebbe altri 11 Paesi Ue. In Italia, il problema è l’assenza di tutor

In un panorama di astensionismo montante (soprattutto nel Sud Italia), all’opposto di chi decide liberamente di non votare ci sono coloro che sono privati di questo diritto per motivi che non derivano da una loro diretta responsabilità. Stiamo parlando dei disabili mentali, una popolazione a cui l’esercizio del voto viene sottratto, che sia per legge, per decisione di un giudice o per difficoltà nella pratica. Il problema riguarda tutte le persone con disabilità intellettive e disturbi dello sviluppo, che vanno dal ritardo mentale ai disturbi del comportamento, dalla sindrome di Down ai disturbi dello spettro autistico.

Anche se dichiarati interdetti da alcune attività, questi cittadini e cittadine ricevono comunque il certificato elettorale ma trasformarlo in una X sulla scheda è più difficile di quanto si immagini. Il problema non è solo italiano e riguarda in totale 12 Paesi membri dell’Unione europea, in cui è praticata la sospensione del diritto di voto in seguito all’affido a un tutore. La sospensione può essere effettuata dopo un’apposita valutazione, come avviene in Belgio, o in maniera sistematica.

Proprio in Belgio di recente è esplosa una polemica, a causa di un recente decreto che al posto di offrire maggiori garanzie, rischia di privare molte persone del diritto di voto in occasione del 9 giugno, quando la cittadinanza belga, oltre che per le Europee, sarà chiamata a votare anche per le elezioni politiche nazionali e per le amministrative. In Italia invece la privazione del diritto di voto ad opera di un giudice è più rara, ma in concreto sono numerosi gli ostacoli da affrontare per arrivare in cabina elettorale.

La lista del giudice di pace

In Belgio l’allarme è stato lanciato dal settore del volontariato, preoccupato per una modifica legislativa che risale al marzo 2023. Il diritto di voto a una persona sotto tutela può essere revocato solo in base a una decisione del giudice di pace. Dopo aver nominato un curatore (privato o professionista) per tutelare una persona che non è in grado di badare a se stessa o di amministrare e gestire i propri beni, il giudice deve compilare una lista per stabilire se la persona è in grado o meno di compiere autonomamente determinate azioni. Ad esempio, se la persona sottoposta a tutela può acconsentire al matrimonio o al divorzio, se è in grado di scegliere il proprio luogo di residenza o se è capace di riconoscere un figlio.

Ogni opzione corrisponde ad una casella che il giudice può spuntare o meno. Fino allo scorso anno il tema del diritto di voto non era inserito in questa lista, per cui ciascun giudice di pace era libero di occuparsene o meno. Nel 2023, tramite un emendamento, il ministero della Giustizia ha inserito un passaggio in cui si chiede di aggiungere alla lista anche il quesito sul diritto di voto. “Questo emendamento alla legge, sostenuto dai ministri della giustizia, era animato da buone intenzioni. Il problema è che è stato fatto senza consultare gli attori sul campo. Così è iniziato il contraccolpo. Contrariamente a quanto previsto, alcune persone totalmente in grado di votare potrebbero essere private del diritto di farlo”, ha spiegato al quotidiano belga Le Soir la ministra federale per i disabili, Karine Lalieux del Partito socialista. In sostanza i giudici, che si dicono oberati di lavoro e privi di tempo a sufficienza, tendono a spuntare rapidamente tutta la lista senza valutare con attenzione ogni caso. Secondo il Consiglio superiore nazionale delle persone handicappate (Csnph) questa pratica sarebbe molto diffusa e starebbe privando “molte persone con disabilità” degli stessi diritti degli altri. Uno strumento che doveva servire a garantire una parità di trattamento sta invece peggiorando la situazione. 

Una falsa protezione

A fronte delle critiche ricevute, il ministro dell’Interno e quello della Giustizia hanno inviato una circolare ai giudici di pace affinché valutino sistematicamente se la persona sotto tutela è ancora in grado di esercitare i propri diritti politici. Lo scopo di porre le persone disabili sotto l’amministrazione di un curatore dovrebbe essere quello proteggerle. Secondo il Csnph la privazione del diritto di voto non costituisce una forma di protezione. Seppur sotto tutela, molte persone sono in grado di comprendere perfettamente l’azione che compiono votando. “Queste persone devono avere gli stessi diritti fondamentali che abbiamo noi. Non possiamo avere un articolo della Costituzione che promuove l’inclusione della disabilità e allo stesso tempo ritirare il diritto di voto nei testi legislativi”, ha sottolineato a Le Soir Manon Cools, coordinatrice di Esenca, il sindacato delle persone con disabilità.

La condizione dei disabili mentali in Italia

In Italia la situazione non è così diversa. In base alla legge Basaglia del ’78, anche per le persone con disabilità intellettiva che si trovano sotto tutela è sancito il diritto di voto. La norma non corrisponde però alla pratica. In particolare incidono negativamente quelle norme che non permettono accompagnatori in cabina a tutta una serie di casi che lo richiederebbero. Questo supporto è garantito solo a coloro che presentano delle disabilità sensoriali o motorie, come ad esempio i ciechi o le persone prive di mani. Gli ostacoli valgono però anche per chi ha un lieve ritardo fisico o mentale, che ad esempio può avere difficoltà a individuare il simbolo della lista che ha deciso di votare, a scrivere il nome del candidato o a ripiegare la scheda elettorale correttamente, a rischio di far invalidare il voto. 

Le proposte dell’Anfass

A occuparsi del tema nel nostro Paese è principalmente l’Associazione nazionale di famiglie e persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo (Anffas), che da anni lotta affinché pure i disabili mentali possano esercitare un importante strumento di democrazia. Nel 2022 l’allora Presidenza del Consiglio dei Ministri aveva stilato un “Libro bianco sull’astensionismo” che raccoglieva tutti i casi in cui avvengono forme di “astensionismo involontario” determinate appunto dalla difficoltà pratica di esercitare il voto, pur volendolo. Secondo i dati raccolti, circa cinque milioni di persone sono private in concreto del diritto di voto. Tra queste figurano soprattutto le persone anziane, insieme a quelle con accertata disabilità fisica o mentale. Tra le possibili soluzioni, adottate ad esempio in altri Paesi, c’è quello del voto per delega (come avviene in Francia) o l’impegno ad attrezzare adeguatamente i seggi elettorali. 

Il ruolo del tutore legale 

Queste opportunità non sono al momento possibili in Italia. Al momento, grazie alle iniziative delle associazioni attive nel terzo settore su questo tema, è stato costruito un tavolo tecnico con la partecipazione della ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli. Al centro del dibattito c’è soprattutto la discriminazione di cui soffrono le persone con ritardi nel neurosviluppo e con disabilità mentali. Chi esercita la tutela legale nei loro confronti, pur trattandosi di una persona di fiducia, non può offrire assistenza in cabina. È chiaro che va fissato un limite: quello che va verificato caso per caso è che i tutori possano supportare solo le persone consapevoli del gesto che stanno per compiere. Tra le azioni messe in campo dall’Anffas in materia elettorale ci sono anche:  la traduzione dei programmi elettorali in linguaggio più comprensibile e in comunicazione alternativa aumentativa, come anche l’organizzazione di gruppi che supportano la lettura e la verifica dei programmi per aumentare la consapevolezza nel voto. Uno strumento che potrebbe essere efficace anche per le persone che non soffrono di disabilità.

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