Il Parlamento ha votato per estendere lo stato di emergenza fino a maggio 2025, consentendo al primo ministro di bypassare le procedure ordinarie
Il primo ministro ungherese Viktor Orbán ha ottenuto il via libera dal Parlamento per estendere di altri sei mesi la possibilità di governare per decreto. La decisione è stata giustificata dal prolungamento dello stato di emergenza per la guerra in Ucraina, prorogato fino a maggio 2025.
La decisione non sarà sicuramente ben accolta a Bruxelles, dove l’eccessiva centralizzazione del potere nelle mani del presidente ungherese ha già causato parecchi scontri. L’Ue ha già sospeso l’erogazione di circa 20 miliardi di euro di finanziamenti destinati all’Ungheria proprio a causa di questioni legate al (non) rispetto dello stato di diritto nel Paese.
La possibilità del primo ministro di legiferare per decreto è comune in tutte le democrazie nei momenti critici, ma i critici ritengono che il leader magiaro stia abusando di questo potere, e anche in passato era ricorso a questo meccanismo per accentrare il potere nelle sue mani. Nel 2016 l’emergenza era stata individuata nella crisi migratoria e nel 2020 lo stesso potere gli era stato affidato a causa della pandemia.
Alcune Ong, tra cui Amnesty International, hanno affermato che le leggi sullo stato di emergenza sono state abusate per erodere i controlli di altri organi e hanno poco a che fare con la guerra in Ucraina.
In un segno di distensione con l’Ue però ieri (lunedì 4 novembre) il Parlamento ungherese ha emendato la legislazione che aveva posto politici di alto livello, compresi alcuni ministri di Orbàn, a capo delle fondazioni che governano le università pubbliche. Le nuove modifiche vietano ai funzionari di alto livello di assumere tali incarichi e impongono limiti di durata agli amministratori. La legge precedente aveva spinto l’Ue a sospendere 21 università ungheresi dal popolare programma Erasmus, con conseguenze per migliaia di ungheresi che studiano o vogliono studiare in un altro Stato membro. Inoltre, i ricercatori universitari erano stati esclusi dai progetti finanziati dall’Ue.