L’America pareggia le forze in campo per spingere il Cremlino a negoziare

22.04.2024
L’America pareggia le forze in campo per spingere il Cremlino a negoziare
L’America pareggia le forze in campo per spingere il Cremlino a negoziare

Le armi impediranno l’avanzata russa provocando una situazione di stallo. L’Europa e la Nato si preparino: la prossima volta dovranno fare da soli

Lo sblocco dell’assistenza militare americana a Kiev è ottima notizia per chi crede nel diritto dell’Ucraina di difendersi dall’aggressione russa e per chi spera di vedere presto la fine della guerra, non la resa del più debole al più forte. L’una richiede il riequilibrio delle forze. La seconda segnerebbe il ritorno della legge della giungla in Europa. Con 60 miliardi di dollari di aiuti, in larga parte Patriot per difesa antimissile, gli Stati Uniti mettono l’Ucraina in condizione di proteggere città e infrastrutture civili e di pareggiare la schiacciante superiorità di spari, 7 a 1 o giù di lì, delle artiglierie russe al fronte.

Tre messaggi da Washington. All’Ucraina: non vi abbandoniamo. Alla Russia: la resistenza di Kiev ha i mezzi per tenervi testa. Agli europei: adesso fate anche voi la vostra parte – a rincararlo ci ha pensato Donald Trump, fra un’udienza del tribunale e un rally elettorale. Gli immediati ringraziamenti di Volodymyr Zelensky rivelano quanto questi aiuti facciano per il morale ucraino, anche prima di arrivare. Se il Cremlino si illudeva di avere ormai il vento in poppa deve ripensarci. A caldo la portavoce degli Esteri, Maria Zakharova, si è arrampicata sugli specchi parlando di «sostegno ad attività terroristiche» – di chi è da due anni sotto bombardamenti su centri abitati, silos e centrali? L’Europa prende atto che, ancora una volta, la propria sicurezza – parliamo di una guerra nel cuore del continente, di una Russia sulle cui intenzioni si rincorrono allarmi tedeschi, che si insinua in Libia e nel Mediterraneo – poggia in gran misura su spalle americane. Quanto può durare?

In cantiere da tempo, il pacchetto è ingente e di pronto invio. Su organizzazione e logistica il Pentagono è imbattibile. Il grosso può arrivare a destinazione nel giro di settimane. È essenzialmente difensivo: comprende razzi Himars e missili Atacms con portata massima di circa 300 km, ma non mezzi a lunga gittata che consentano all’Ucraina di colpire dentro la Russia. In sostanza pareggia le forze in campo. Impedisce la temuta avanzata russa, ma non prelude ad una nuova controffensiva ucraina. Lo scenario più plausibile è uno stallo in cui nessuna delle due parti riesce ad avere il sopravvento.

Il riequilibrio militare può condurre alla fine alla guerra. Ma a tre condizioni. La Russia deve capire che il sostegno occidentale a Kiev è duraturo e rinunciare ad imporre una “pax russa” sull’Ucraina – sapendo che ucraini, europei e americani non glielo consentiranno. Secondo, dato che questo potrebbe essere l’ultimo grosso aiuto americano bilaterale, l’Europa e la Nato devono prepararsi a sostituirvisi anche da soli. L’Alleanza Atlantica darebbe questo segnale approvando il fondo di cento miliardi di dollari per cinque anni al vertice di luglio. Intanto l’Ue non deve stare con le mani in mano, a cominciare dalla riunione di oggi dei ministri degli Esteri. Infine, l’Ucraina deve accettare la prospettiva di negoziati con Mosca da una posizione militare solida grazie agli aiuti che riceve adesso da Washinton e che gli sono assicurati per il futuro.

Qualsiasi trattativa fra Kiev e Mosca sarà limitata. Deve passare molta acqua prima che possano parlare di pace. Grazie a Vladimir Putin, per gli ucraini i russi sono passati da popolo «fratello» a popolo suo complice e «schiavo». Ma a guerra bloccata, né vinta né persa, cessare il fuoco diventa una via d’uscita, dura ma percorribile. Inevitabilmente a bocce ferme quanto a territorio controllato di fatto, ma senza implicare alcuna rinuncia ucraina a quello compreso entro i confini internazionalmente riconosciuti. Intanto, nel contesto di un armistizio, Kiev può assicurare la propria sicurezza via Nato, proseguire il cammino verso l’Ue e affrontare questioni critiche, come il recupero delle migliaia di bambini rapiti dalla Russia o le esportazioni agricole attraverso il Mar Nero.

Il versante ucraino è subordinato alle prime due condizioni. La prima è assolutamente il punto di partenza. La Russia ha cominciato questa guerra. La guerra non può finire se Mosca non si convince di non poterla vincere e ne accetta le conseguenze: rinunciare alle pretese imperiali sull’Ucraina. Quanto alla seconda, gli americani hanno appena fatto la «cosa giusta» per convincere i russi che non possono vincere – alla fine, dopo aver divagato, la fanno sempre, diceva Churchill.

Adesso tocca all’Europa e alla Nato. Se anche noi faremo la cosa giusta nell’assicurare il sostegno a Kiev, Mosca dovrà incassare l’impossibilità di vittoria. E, solo allora, le armi potranno tacere.

Fonte: Lastampa

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