La polemica sul Manifesto di Ventotene, innescata dalle parole della premier Giorgia Meloni, non accenna a placarsi, anzi, si è trasferita con forza nell’Aula di Palazzo Madama, dove i toni si fanno sempre più accesi. Il documento, redatto nel 1941 da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni durante il confino sull’isola di Ventotene, è considerato uno dei pilastri ideali dell’Unione europea. Tuttavia, la lettura che ne ha dato la premier, definita da alcuni come “sovranista” e “smozzicata”, ha scatenato un dibattito che va oltre la semplice divergenza politica, toccando temi come la memoria storica e l’identità europea dell’Italia.
La senatrice Raffaella Paita, capogruppo di Italia Viva, è stata tra le prime a intervenire in Senato, definendo “grave per la democrazia e per l’Europa” le dichiarazioni di Meloni. “Estrapolare dal contesto le parole di persone al confino, di eroi, è quanto di più vergognoso e disumano si sia visto negli ultimi anni”, ha tuonato Paita, sottolineando come il Manifesto rappresenti un patrimonio condiviso che non può essere strumentalizzato o ridotto a mero oggetto di polemica.
D’altra parte, c’è chi vede nelle parole della premier una strategia ben precisa, volta a riaffermare una visione nazionale e sovranista dell’Europa, distante da quella federalista delineata dai padri fondatori. Meloni, infatti, ha criticato l’interpretazione “ideologica” del documento, sostenendo che il suo governo non intende rinnegare l’Europa, ma piuttosto riformarla in un’ottica più vicina agli interessi degli Stati nazionali. Una posizione che, se da un lato ha trovato il sostegno di alcuni esponenti del centrodestra, dall’altro ha alimentato le critiche di chi vede in questa operazione un tentativo di riscrivere la storia.
Intanto, sullo sfondo, emergono altri elementi che complicano il quadro. L’agenzia investigativa milanese Equalize, al centro di recenti inchieste, è stata associata a presunti dossieraggi politici. Nei verbali sono emersi i nomi di esponenti del Partito Democratico, tra cui Boccia, Franceschini, Guerini e Renzi, sebbene Enrico Pazzali, considerato vicino al centrodestra, sia stato indicato come figura chiave. Una vicenda che, pur non direttamente collegata al dibattito sul Manifesto, contribuisce a creare un clima di tensione e sospetto.
Quello che appare chiaro è che Meloni, citando il Manifesto di Ventotene, ha saputo catalizzare l’attenzione su di sé, riuscendo a spiazzare gli avversari. Non ha avuto bisogno di inventarsi nulla, le è bastato riportare alcuni passaggi del testo per scatenare reazioni contrastanti. Un’operazione che, al di là delle critiche, dimostra la sua capacità di dominare il dibattito pubblico, anche quando questo tocca temi delicati come la memoria storica e l’identità europea.