Meloni indagata: è un atto dovuto? Come stanno davvero le cose

29.01.2025
Meloni indagata: è un atto dovuto? Come stanno davvero le cose
Meloni indagata: è un atto dovuto? Come stanno davvero le cose

La Costituzione prevede che gli atti vengano inviati al tribunale dei ministri “omessa ogni indagine”, ovvero senza alcuna valutazione da parte della Procura. Nella realtà un margine di discrezionalità esiste, ma secondo Casciaro (Anm) riguarda solo “i casi eclatanti di manifesta infondatezza”

La comunicazione di iscrizione nel registro degli indagati di Giorgia Meloni è un atto dovuto o un atto voluto? Secondo l’associazione nazionale dei magistrati (Anm) non ci sono dubbi. La Procura di Roma ha semplicemente seguito l’iter “previsto dall’articolo 6 comma 1 della legge costituzionale n. 1/89” che “impone al procuratore della Repubblica, ricevuta la denuncia nei confronti di un ministro, ed omessa ogni indagine, di trasmettere, entro il termine di quindici giorni, gli atti al Tribunale dei ministri, dandone immediata comunicazione ai soggetti interessati affinché questi possano presentare memorie al collegio o chiedere di essere ascoltati. Si tratta, dunque, di un atto dovuto”. 

Cosa succede quando viene indagato il premier o un ministro

È davvero così? Proviamo a capirlo. La prima cosa da chiarire, se non altro per contestualizzare la vicenda, è che le indagini che riguardano il presidente del consiglio e i ministri “per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni”, non seguono un iter canonico, ma un particolare procedimento disciplinato dall’articolo 96 della Costituzione. I membri del governo vengano sì sottoposti alla “giurisdizione ordinaria” come ogni altro cittadino, ma solo dopo l’autorizzazione del Parlamento. Il collegio di giudici competente a svolgere le indagini è chiamato “tribunale dei ministri” e ha 90 giorni di tempo per valutare la vicenda. Una volta concluse le indagini può avanzare richiesta di archiviazione, con decreto non oppugnabile, o trasmettere di nuovo gli atti alla Procura perché chieda al Parlamento l’autorizzazione a procedere. A questo punto la valutazione diventa sostanzialmente politica. La Camera competente può concedere l’autorizzazione, rimettendo gli atti al tribunale dei ministri, o negarla se ritene che l’inquisito abbia agito negli interessi dello Stato. 

L’indagine nei confronti di Meloni era un “atto dovuto”

Il punto su cui si dibatte è però un altro. L’indagine nei confronti della premier era necessaria? L’articolo citato dall’Anm sembra in effetti piuttosto chiaro: una volta ricevuta una denuncia il Procuratore deve inviare gli atti al Tribunale dei ministri “omessa ogni indagine”, ovvero senza fare nessun’altra valutazione. Inoltre la stessa Procura deve darne “immediata comunicazione ai soggetti interessati”. 

L'articolo 6 della legge costituzionale del 16 gennaio 1989
L’articolo 6 della legge costituzionale del 16 gennaio 1989

Per questo, almeno secondo l’organo che rappresenta i magistrati, sarebbe improprio anche parlare di avviso di garanzia che invece, nelle indagini ordinarie, viene inviato solo quando il pubblico ministero deve compiere un atto (ad esempio un accertamento tecnico) al quale l’avvocato difensore ha diritto di assistere. Il segretario dell’Anm Salvatore Casciaro, intervenendo a Omnibus su La7, ha spiegato che l’avviso di garanzia “suppone in realtà che ci sia un atto dell’indagine, tant’è che è una comunicazione che in qualche modo coinvolge anche il difensore dell’indagato”, mentre nel caso che ha coinvolto Giorgia Meloni “non c’è nulla di tutto questo” perché “qui l’indagine la fa il Tribunale dei ministri, la fa un altro organo e non la Procura”. 

Esiste un margine di discrezionalità? Sì, “ma solo in casi eclatanti”

Chi sostiene che il Procuratore di Roma avrebbe potuto agire in un altro modo però insiste sul fatto che non in tutti i casi può esserci questo automatismo. Perché, se così fosse, basterebbe un esposto, anche palesemente infondato, per mettere sotto indagine un ministro. Secondo l’avvocato Gian Domenico Caiazza, ex presidente delle Camere Penali, “nessun atto giudiziario, per quanto ‘dovuto’, può essere compiuto senza una preventiva valutazione di «non infondatezza»” perché, scrive su X, un governo “risponde delle sue scelte politiche al Parlamento ed ai cittadini, non ad una Procura della Repubblica o al Tribunale dei Ministri solo perché una persona sostiene in un esposto che, con quella decisione, siano stati commessi dei reati”. Tra coloro che ritengono quella della magistratura un’invasione di campo c’è anche Carlo Calenda. “Non è vero che è un atto dovuto della Procura” dice il segretario di Azione. “Io sono stato ministro e ne avrei ricevuti 5mila al giorno. Così come tutti i ministri non farebbero altro che ricevere iscrizioni perché esposti, iscrizioni che vengono ignorate o archiviate”. 

Interpellato sul punto il segretario dell’Anm Casciaro ha ammesso che “una componente di discrezionalità” nella valutazione del Procuratore può esserci, ma “solo in casi eclatanti di manifesta infondatezza”. Nel caso Almasri, ha detto Casciaro a ‘Omnibus’, “c’è stata un’assenza di iniziative del ministro guardasigilli e complessivamente anche del governo per tre giorni e non ci sono state spiegazioni legate a un discorso di sicurezza nazionale quindi immagino che in un contesto delicato come questo forse non si potesse apprezzare la manifesta infondatezza” della denuncia. 

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