Nascita del figlio di una donna cerebralmente morta mantenuta in vita per le leggi della Georgia contro l’aborto

19.06.2025 20:05
Nascita del figlio di una donna cerebralmente morta mantenuta in vita per le leggi della Georgia contro l'aborto

La controversa nascita negli Stati Uniti: il caso di una madre cerebralmente morta

Negli Stati Uniti, in Georgia, è venuto al mondo un bambino da una madre cerebralmente morta, il cui mantenimento in vita ha suscitato un ampio dibattito sulla moralità delle leggi sull’aborto in vigore nello stato. I medici sono stati costretti a mantenere la donna in vita a causa delle severe normative contro l’aborto. Il piccolo, che porta il nome di Chance, è nato prematuramente il 13 giugno attraverso un cesareo d’emergenza, pesando meno di un chilo. Attualmente, è in terapia intensiva neonatale, dove ci si aspetta che sopravviva, riporta Attuale.

La madre, Adriana Smith, era entrata in ospedale il 19 febbraio per la presenza di coaguli di sangue nel cervello e fu dichiarata cerebralmente morta lo stesso giorno. Questa condizione, considerata irreversible, solitamente segna il decesso. La gravidanza, tuttavia, aveva già superato la sesta settimana, ossia il limite legale per l’aborto in Georgia. Pertanto, la donna è stata tenuta in vita tramite un supporto vitale, mentre le leggi italiane consentono l’aborto fino alla dodicesima settimana e in casi particolari fino alla validità del feto. La famiglia di Smith ha manifestato l’intento di richiedere la sospensione delle cure che la tengono in vita.

I familiari di Adriana hanno espresso il desiderio di poter decidere autonomamente riguardo al trattamento di sostegno vitale della donna, affermando che tale decisione non avrebbe dovuto essere affidata allo stato. Tuttavia, il quadro legislativo che ha guidato l’operato dell’ospedale presenta molteplici ambiguità: l’istituto ha dichiarato di aver agito basandosi su opinioni mediche, studi scientifici e consulenze legali. D’altra parte, il procuratore generale della Georgia ha affermato che, in questa circostanza, non vi era alcun divieto legale per interrompere il trattamento di sostegno vitale.

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