“In Italia intanto i lavoratori di molti stabilimenti sono in cassa integrazione”, la reazione di Fiom-Cgil. “Aspettiamo ancora la convocazione delle parti a Palazzo Chigi”
Tra le case automobilistiche in fermento per i dazi promessi da Trump sulle auto prodotte all’estero, è Stellantis a prendere l’iniziativa e a scommettere sugli Stati Uniti della nuova amministrazione, annunciando nuovi investimenti per 5 miliardi di dollari e 1500 posti di lavoro.
“La rinascita manifatturiera americana è arrivata: benvenuti nell’età dell’oro”, esulta la Casa Bianca. Gli investimenti di Stellantis si concentreranno sugli impianti di Belvidere (Illinois), Toledo (Ohio) e Kokomo (Indiana): luoghi che sono non a caso parte della cosiddetta “Rust Belt” (letteralmente ‘cintura di ruggine’) protagonista di quel declino industriale che Trump ha promesso agli americani di invertire.
Il rischio dei dazi per Stellantis
L’annuncio è arrivato dopo gli incontri tra John Elkann e la nuova amministrazione degli scorsi giorni. I colloqui sono stati confermati da Antonio Filosa, chief operating officer del Nord America. “Volevo farvi sapere che la settimana scorsa, prima del giuramento, il nostro presidente John Elkann ha incontrato il presidente Trump per condividere il nostro entusiasmo per il suo forte impegno nei confronti dell’industria automobilistica statunitense e per tutto ciò che ciò significa per l’occupazione americana e per l’economia in generale”, ha scritto Filosa in una lettera ai dipendenti d’oltreoceano.
Insomma, dopo l’anno nero del 2024, è chiaro che Stellantis vuole ripartire dagli Stati Uniti per rilanciare la propria produzione. La mossa della holding, del resto, è una risposta in difesa alla minaccia dei dazi al 25 per cento promessi da Trump in Canada e Messico. Qui Stellantis ha importanti poli produttivi: nel sito di Toluca oltre 2600 persone sono impiegate nelll’assemblaggio di Jeep Compass e delle nuove Jeep Wagonner S e Jeep Recon, entrambe completamente elettriche.

Un altro impianto importante è quello di Saltillo, dove vengono assemblati pick-up e furgoni Ram. I promessi dazi al 25 per cento sulle importazioni statunitensi dal Canada e dal Messico avrebbero un impatto pesantissimo sulle vendite di Stellantis che ha quindi deciso di correre ai ripari riscoprendosi grande sostenitrice della manifattura made in Usa.
La speranza di Elkann è quella di invertire l’andamento disastroso nel mercato americano, che nel 2024 ha subito un vero tracollo: – 17 per cento delle vendite nei primi 9 mesi dell’anno, meno 36 per cento se si guarda al terzo trimestre, con 299mila veicoli contro i 470mila dello stesso periodo del 2023. Un fallimento che è tra i principali fattori che hanno portato all’uscita anticipata di Carlos Tavares, attaccato da più parti (concessionari in primis) almeno quanto in Italia.
In Italia investimenti fermi
Dopo l’annuncio dei nuovi posti di lavori negli Usa, Fiom Cgil torna all’attacco: “In Italia gli investimenti promessi, e comunque insufficienti, non sono ancora arrivati, e i lavoratori di molti stabilimenti stanno ancora vivendo una pesante cassa integrazione”. “Inotre – denuncia il segretario nazionale con delega all’automotive, Samuele Lodi – mentre Elkann vede Trump, il governo non ha ancora convocato le parti a Palazzo Chigi come abbiamo più volte richiesto”.