Cresciuto ed esploso nel Messina, consacratosi con la Juventus e capocannoniere della rassegna iridata italiana che vide la Nazionale uscire in semifinale: la storia del bomber siciliano, iconica figura del calcio tricolore di fine XX secolo
Totò Schillaci è morto stamattina all’ospedale Civico di Palermo. L’ex calciatore della nazionale italiana aveva 59 anni e nel 2023 aveva raccontato di avere un tumore: “Sono stato operato due volte, mi è caduto il mondo addosso”. Nonostante i bollettini degli ultimi giorni che parlavano di “condizioni di salute in miglioramento”, le sue condizioni sono precipitate fino al decesso. La camera ardente sarà allestita allo stadio Renzo Barbera.
È morto Totò Schillaci
Negli occhi di almeno un paio di generazioni di appassionati è sempre restato il suo sguardo, mostrato sui campi italiani nel Mondiale del ‘90, abbinato ad i suoi gol che hanno reso quelle notti effettivamente magiche – e messe in musica da Edoardo Bennato e Gianna Nannini – ma non abbastanza da renderle auree, come invece accaduto sedici anni più tardi nella rassegna iridata tedesca. Perché nel gioco delle associazioni di idee e di pensieri, il binomio tra Salvatore Schillaci ed Italia ‘90 resta qualcosa di indissolubile: e non è solo la questione meramente numerica a suggerirlo, avendo chiuso la manifestazione con il titolo di capocannoniere e il premio come MvP della manifestazione. La sua immagine di bomber di provincia consacratosi a livello internazionale, decisivo al suo esordio con la maglia della nazionale nella più importanza competizione calcistica, acciuffata a dodici mesi di distanza dal debutto in Serie A, ha sempre assunto i contorni di una favola, dell’happy end costituito dalla classe operaia che se ne va in paradiso.