Stati Uniti al voto oggi 5 novembre, con una sfida tra veleni e tensioni. Secondo l’ultima proiezione prima del voto, l’attuale vicepresidente dem è in vantaggio di pochi punti percentuali sullo sfidante repubblicano. Ma si prevede un testa a testa fino all’ultimo. Potrebbero volerci giorni per sapere chi vincerà: ecco perché
Ci siamo. La corsa alla Casa Bianca di Usa 2024 è entrata nel vivo. Stati Uniti d’America oggi al voto, con la sfida Donald Trump-Kamala Harris tra veleni e tensioni. L’America decide: i sondaggi sono sul filo, Harris sembra essere in risalita. Si prevede comunque un testa a testa fino all’ultimo voto. Occhi puntati soprattutto sui 7 “Swing States”, gli Stati in bilico decisivi ogni volta per il verdetto. Poche migliaia di voti potrebbero essere determinanti per decretare il quarantasettesimo presidente degli Stati Uniti.
I risultati del voto arriveranno nella notte tra oggi e domani (mercoledì 6 novembre). La conta delle schede inizia subito dopo la chiusura di ciascun seggio, ma la differenza oraria tra Stato e Stato è tale che sulla costa orientale avranno già terminato lo spoglio quando alle Hawaii gli elettori potranno ancora votare. Entro la chiusura dei seggi di Alaska e Hawaii (intorno alle 5-6 di domattina, ora italiana) dovremmo avere un’idea del vincitore.
Harris o Trump? Gli ultimi sondaggi sulle elezioni Usa 2024
Chi vincerà? Gli ultimi sondaggi confermano il brevissimo distacco nelle proiezioni di voto fra Kamala Harris e Donald Trump, a meno di 24 ore dall’apertura delle urne. Ha già votato un americano su due. Secondo una proiezione di Abc News e Ipsos, la vicepresidente democratica è in vantaggio di tre punti percentuali sull’ex presidente repubblicano. Il sondaggio, l’ultimo prima della tornata ed effettuato dal 29 ottobre al primo novembre, mostra che tra gli elettori il sostegno a Harris è del 49% contro il 46% di Trump.
Ad avere espresso il loro voto in anticipo nelle elezioni americane sono già oltre 78 milioni di statunitensi, quasi la metà di quelli che votarono complessivamente all’election day nel 2020 (158 milioni). Kamala Harris avrebbe quattro punti di vantaggio su Donald Trump: è quanto emerge da un altro sondaggio di Pbs News, Npr e Marist, secondo il quale l’attuale vicepresidente americana e candidata democratica alla Casa Bianca ha il 51% dei consensi contro il 47% del repubblicano. Il vantaggio è maggiore del margine di errore di 3,5 punti percentuali. I risultati dei sondaggi sono simili a quelli delle settimane precedenti. La scorsa settimana, un sondaggio analogo attribuiva ad Harris un vantaggio di quattro punti (51% contro 47%), mentre due settimane fa la candidata democratica risultava in svantaggio di due punti.
Perché potrebbero volerci giorni per sapere chi vincerà
Tempi lunghi, probabilmente. Potrebbero volerci giorni per sapere chi vincerà. Il motivo delle lungaggini pronosticate dalla stampa americana va ricercato nel sistema elettorale statunitense, che varia da Stato a Stato, e a volte anche tra le diverse contee. L’attesa tra la chiusura delle urne e la proclamazione del vincitore rischia però di sfibrare un Paese già diviso e messo a dura a prova, tra rischi di incidenti, disinformazione, teorie cospirative, accuse di brogli e proclamazioni premature di vittoria.
Così è successo anche quattro anni fa, quando servì attendere dal 3 al 7 novembre prima che i media annunciassero la vittoria di Joe Biden in Pennsylvania, uno dei sette Swing States. Il peso dei grandi network negli appuntamenti elettorali non è infatti da poco: sono loro che “chiamano” l’esito del voto nei singoli Stati, basandosi su metodi ormai considerati infallibili, mentre la certificazione ufficiale arriva anche giorni o settimane dopo.
Quando arrivano le prime indicazioni sul voto
I seggi nei sette Stati in bilico (Georgia, Michigan, North Carolina, Arizona, Nevada, Pennsylvania e Wisconsin) si chiuderanno dalle 19 alle 22, ora East Coast (1.00-4.00 del giorno dopo in Italia). Le prime indicazioni arriveranno in Georgia poco dopo le 19 e in North Carolina dopo le 19.30. Un eventuale successo di Kamala Harris in questi Stati potrebbe suggerire che il risultato (per lei) non dipenderà solo dagli Stati del Blue Wall, ovvero Michigan, Pennsylvania e Wisconsin, che hanno un conteggio più lento. Al contrario, se fosse Trump a vincere nei primi Swing States del Sud, Harris avrebbe comunque ancora una via plausibile per la vittoria attraverso il Blue Wall.
Secondo le previsioni, i vincitori potrebbero comunque essere proclamati in tempi ragionevoli in Georgia, North Carolina e Michigan. È negli altri quattro Stati in bilico – soprattutto in caso di margini molto vicini – che con molta probabilità si dovrà attendere di più, a causa di una combinazione di nuove leggi statali e all’inerzia dei legislatori che in questi anni non hanno reso più efficiente il conteggio dei voti. In Pennsylvania e Wisconsin, per fare un esempio, non è ammessa l’elaborazione delle schede elettorali per corrispondenza prima del giorno delle elezioni.
I risultati in Nevada saranno probabilmente ritardati di nuovo da una legge statale che consente di contare i voti per posta con il timbro postale entro il giorno delle elezioni, se ricevuti fino a quattro giorni dopo (sette giorni in California e New York, tra i 15 Stati che ammettono le schede arrivate dopo le elezioni). Fino a poco tempo era così anche in North Carolina, che però ha cambiato recentemente una legge simile, fissando per i voti per corrispondenza il termine delle 19.30 dell’Election day (ma vietando di contarli prima della chiusura delle urne).
L’attesa più lunga potrebbe arrivare dal conteggio dell’Arizona, dove le schede per posta possono essere consegnate il giorno delle elezioni, ma devono passare attraverso un accurato processo di conteggio e verifica statale. E ancora, tra i possibili fattori di ritardo, ci sono i riconteggi con margini di vittoria bassi (0,5% in Georgia, Arizona e Pennsylvania, in Michigan con uno scarto di 2mila voti o su richiesta del candidato), i “provisional ballots” (ossia voti di persone i cui requisiti sono messi in dubbio alle urne e verificati nei giorni successivi) e i “ballots curing”, cioè i casi in cui un elettore può sanare errori di autenticazione, come è permesso proprio in cinque dei sette Stati in bilico. I termini variano da tre a sette giorni.