Un emendamento presentato da Pd e Avs, poi riformulato dal governo, prevede nuove regole per la quota Irpef che i cittadini possono decidere di girare alla politica: una modifica che porterebbe i finanziamenti ai partiti da 25 a 42,3 milioni di euro. Un testo che però, allo stato attuale, non passerebbe l’esame del Colle
Da 25 milioni a oltre 40, il tutto con un semplice emendamento. Una modifica della disciplina del “2 per mille”, inserita nel decreto Fisco, potrebbe far raddoppiare la somma che ogni anno finisce nelle casse della politica. Una “mossa” che, almeno per il momento, non sembra passare l’esame del Colle.
La modifica al 2 per mille
L’emendamento che riguarda la riforma del 2 per mille, ossia la quota Irpef che i contribuenti possono decidere di girare alla politica, è stato redatto da Pd e Avs e poi riformulato dal governo. Una “rivoluzione”che sembra aver messo d’accordo tutti: la modifica punta a ridurre dal 2 per mille allo 0,2 per mille dell’Irpef il contributo destinato ai partiti politici, ma prevede anche che la quota “inoptata”, ossia quella dei contribuenti che non decidono alcuna opzione e che adesso resta allo Stato, finisca sempre ai partiti.
Secondo il testo infatti nel caso in cui il contribuente non esprima una scelta sul partito a cui indirizzare questa quota, allora “la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse”. Di fatto quindi quello 0,2 per mille sarà ‘versato’ da ogni contribuente italiano, ripartendo le quote di chi non ha indicato una forza politica specifica sulla base delle preferenze espresse da chi invece lo ha fatto, privilegiando quindi di volta in volta i partiti più gettonati. Gli oneri calcolati per questo nuovo meccanismo, si legge nell’emendamento, sono pari a 42,3 milioni di euro dal 2025 a cui, secondo il provvedimento (quasi raddoppiato rispetto al precedente tetto di 25 milioni).
Quali partiti trarrebbero maggiori benefici da questa modifica? Il Pd, sempre in testa alla classifica del 2 per mille, arriverebbe a ricevere oltre 5 milioni in più all’anno, seguito da Fratelli d’Italia che vedrebbe i suoi finanziamenti aumentare di 3,3 milioni di euro. I dem, che lo scorso anno hanno incassato 8 milioni di euro, arriverebbero a superare i 13, mentre il partito della Meloni salirebbe a quota 8. Il Movimento 5 stelle, in caso di via libera all’emendamento, potrebbe raggiungere i 3 milioni di euro, contro gli 1,8 dell’ultima tornata. Seguono la Lega, che in tutto arriverebbe a 2,5 milioni, e Forza Italia, che passerebbe da oltre 600mila euro a un milione. Cifre che rimangono al condizionale, perché questa modifica rimane ancora al vaglio del Colle.
Lo stop di Mattarella
Nella serata di ieri sul provvedimento è calato lo stop del Colle, con il presidente della Repubblica Mattarella che, per vari motivi, non darebbe mai il via libera a un testo del genere. Innanzi tutto la mancanza di omogeneità rispetto alle materie contenute nel provvedimento in discussione al Senato. Inoltre una riforma del genere richiederebbe un provvedimento ad hoc e non una semplice disposizione contenuta in un emendamento a un decreto legge che ha delle caratteristiche particolari, in primis i requisiti di necessità e urgenza. Infine il cambiamento proposto avrebbe un impatto notevole sulle finanze pubbliche e su fondi che derivano dalle scelte dei cittadini. Un testo che, al momento, non potrebbe quindi superare l’esame del Colle e che, di fatto, sembra pilotare la scelta libera (e i soldi) dei cittadini.