Il censimento Istat fotografa un declino strutturale: saldo naturale negativo, calo migratorio interno e tenuta solo grazie agli arrivi dall’estero
In Umbria è stato toccato un nuovo record di denatalità. Secondo i dati del Censimento permanente della popolazione al 31 dicembre 2023, pubblicati da Istat nelle scorse ore, i nati sono stati solo 4.766, il minimo storico per la regione, con 160 bambini in meno rispetto all’anno precedente. In generale il quadro è quello di una regione che, come molte altre in Italia, affronta un declino demografico strutturale, con un saldo naturale sempre più negativo e un progressivo invecchiamento. L’apporto della popolazione straniera e i flussi migratori esteri offrono un parziale riequilibrio, senza però riuscire a invertire il trend.
Il quadro La fotografia demografica scattata dall’Istituto conferma dunque un quadro in cui la popolazione continua a diminuire e a invecchiare. Alla fine del 2023, gli abitanti dell’Umbria erano 853.068, in calo di 3.339 unità rispetto al 2022 (-0,4 per cento). Un dato che riflette più decessi che nascite, una perdita di residenti verso altre regioni e un saldo positivo con l’estero che però non basta a controbilanciare il declino interno. La provincia di Perugia resta la più popolosa, con circa i tre quarti degli umbri, ma anche quella con la maggiore perdita assoluta di abitanti. Terni, pur contando meno residenti, registra il calo più accentuato in termini percentuali.
Mortalità e migrazioni Oltre al record negativo delle nascite, il 2023 ha segnato anche una riduzione della mortalità. I decessi sono stati 10.810, 797 in meno rispetto al 2022. Il tasso di mortalità è sceso dal 13,5 al 12,6 per mille, un miglioramento che ha riguardato soprattutto Perugia. Il bilancio naturale rimane però ampiamente negativo: le morti superano le nascite di oltre 6mila unità. Anche i movimenti migratori interni hanno contribuito al calo demografico, con un saldo negativo di 405 persone. Al contrario, i flussi dall’estero mostrano segnali positivi: nel complesso, il saldo migratorio con altri paesi ha portato in Umbria 4.274 nuovi residenti. Entrambe le province si confermano attrattive per chi arriva da fuori confine, con un tasso migratorio estero pari o superiore alla media nazionale.
Invecchiamento Nel frattempo, la popolazione invecchia. L’età media è salita a 48,2 anni, contro i 48 dell’anno precedente. Perugia si conferma la provincia più “giovane” (47,8 anni), Terni quella più “anziana” (49,3). Le donne, più longeve, rappresentano il 51,5 per cento della popolazione, con un divario di oltre 26mila unità sugli uomini. L’indice di vecchiaia, che misura il rapporto tra anziani e bambini, ha toccato quota 238,3, molto al di sopra della media italiana (199,8).
Immigrazione Sul fronte dell’immigrazione, la presenza straniera resta stabile: 88.579 persone, pari al 10,4 per cento della popolazione regionale, una quota superiore alla media nazionale. Gli stranieri provengono da 159 Paesi, soprattutto da Romania, Albania e Marocco. La popolazione straniera, più giovane rispetto a quella italiana, contribuisce a mantenere un minimo dinamismo demografico, sia grazie a un saldo naturale positivo, sia per la tendenza a restare stabilmente sul territorio.
I territori La distribuzione territoriale mostra forti differenze. Quasi un terzo degli umbri vive tra Perugia e Terni, mentre la metà dei comuni ha meno di 5mila abitanti. Nei centri più piccoli, spesso montani, l’invecchiamento è più marcato. Poggiodomo è il comune con meno abitanti (91) e anche quello con l’età media più alta (63,9 anni). All’opposto, Corciano è il più giovane (45,2 anni), mentre Preci ha registrato la maggiore crescita di popolazione nell’ultimo anno.
Le famiglie Infine, i dati sulle famiglie, aggiornati al 2021, indicano una crescita del numero complessivo (383.931 famiglie, +4,5 per cento rispetto al 2011), ma una diminuzione dei componenti medi (2,22 per famiglia). Le famiglie unipersonali rappresentano il 37 per cento, e aumentano i nuclei monogenitoriali e quelli di anziani con figli. I cambiamenti nella struttura familiare riflettono trasformazioni sociali più ampie, in linea con quanto avviene nel resto del Paese.
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