Hamas sospende il rilascio degli ostaggi. Trump: “Se non tornano scoppia l’inferno”

11.02.2025
Hamas sospende il rilascio degli ostaggi. Trump: "Se non tornano scoppia l'inferno"
Hamas sospende il rilascio degli ostaggi. Trump: "Se non tornano scoppia l'inferno"

Lo stop annunciato dal gruppo palestinese ha mandato su tutte le furie il governo israeliano, con l’esercito nuovamente in “massima allerta” intorno alla Striscia e pronto “a ogni scenario”. Un clima reso ancora più teso dalle minacce del presidente Usa

Tensione sempre più alta a Gaza, dove il cessate il fuoco che ha retto per settimane adesso rischia di saltare. Hamas ha annunciato il rinvio “a data da destinarsi” del nuovo rilascio di ostaggi previsto per sabato prossimo, accusando Israele di non aver rispettato a pieno gli accordi firmati lo scorso mese. Uno stop che ha innescato l’immediata reazione di Netanyahu, pronto a schierare nuovamente l’esercito, e del presidente degli Stati Uniti Trump. Il tycoon, oltre ad confermare l’intenzione di vietare il ritorno a Gaza dei palestinesi, ha anche inviato un chiaro messaggio ad Hamas: “Scoppierà l’inferno se gli ostaggi non verranno liberati come da programma”.

Caos a Gaza, Hamas rinvia la liberazione degli ostaggi

Sabato 15 febbraio era in calendario il sesto scambio di prigionieri tra Hamas e Israele, nell’ambito della prima fase della tregua, ma nella serata di ieri l’ala militare della fazione palestinese ha annunciato lo stop: “È tutto rinviato fino a nuovo avviso, in attesa che gli occupanti adempiano ai loro obblighi. Hamas ha intenzionalmente fatto questo annuncio cinque giorni prima per dare ampio tempo ai mediatori per esercitare pressioni su Israele perché mantenga i suoi impegni. La porta rimane aperta perché lo scambio avvenga come previsto, una volta attuati gli impegni presi”. 

La reazione di Israele: esercito pronto “a ogni scenario”

Una presa di posizione che ha fatto irritare il governo israeliano, che ha accusato il gruppo palestinese di “voler far saltare tutto”. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu, dopo una riunione con i vertici della sicurezza, aveva fatto sapere che Israele “mantiene il suo impegno a rispettare l’accordo” chiarendo che “tutte le famiglie degli ostaggi sono state informate” degli ultimi sviluppi. Nel frattempo però l’esercito è tornato in stato di “massima allerta”, con le truppe “pronte ad ogni scenario”, come ordinato dal ministro della Difesa Israel Katz: “Dopo aver valutato la situazione è stato deciso di rinforzare significativamente la zona con truppe aggiuntive per missioni difensive”. Come detto, ogni scenario è possibile, anche quello in cui si torna a combattere, come invece invoca l’estrema destra israeliana attraverso le parole di Itamar Ben Gvir, ex ministro per la Sicurezza nazionale: “Dobbiamo tornare alla guerra, L’Idf dovrebbe sferrare un attacco massiccio”. “L’annuncio di Hamas – ha scritto Ben Gvir su X – dovrebbe avere una risposta concreta: un attacco massiccio su Gaza, da terra e dal cielo, insieme al blocco totale degli aiuti umanitari alla Striscia, inclusi elettricità, carburante e acqua, e il bombardamento degli aiuti che sono già arrivati e che sono in mano a Hamas. Dobbiamo tornare alla guerra e distruggere”.

La minaccia di Trump: “Sarà un inferno”

Un clima reso ancora più teso dalle parole di Trump, andato in soccorso di Israele. Il presidente Usa ha minacciato senza mezzi termini Hamas: “Se gli ostaggi non verranno rilasciati entro le 12 di sabato si scatenerà l’inferno”. Questo farebbe saltare definitivamente l’accordo sul cessate il fuoco firmato a gennaio. Trump ha colto l’occasione anche per rilanciare la sua idea di diventare “proprietario” della Striscia, per pianificare uno “sviluppo immobiliare per il futuro” di questo “bellissimo pezzo di terra”. Quanto ai suoi attuali abitanti, l’inquilino della Casa Bianca ha immaginato di realizzare fino a sei nuove e “belle comunità, lontane da dove si trovano adesso” i palestinesi, in zone “dove non c’è tutto questo pericolo”. Un piano bocciato, non soltanto dai palestinesi, ma anche da Paesi come Egitto e Giordania, che in teoria dovrebbero accogliere gli abitanti “sfrattati” dalla Striscia.

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