Macron contro tutti: cosi la Francia piomba nella paralisi politica

28.08.2024
Macron contro tutti: cosi la Francia piomba nella paralisi politica
Macron contro tutti: cosi la Francia piomba nella paralisi politica

Il no del capo dello Stato a un governo con l’estrema sinistra guidato dalla giovane Lucie Castets prolunga lo stallo. Critiche anche tra i moderati: “Mette a rischio il Paese”

Dopo quasi due mesi dalle elezioni legislative anticipate, la Francia non è riuscita ancora a trovare un nuovo governo. Il blocco democratico anti Marine Le Pen e lo spirito olimpico di Parigi sono già vecchi ricordi, mentre il presidente della Repubblica Emmanuel Macron sventola il vessilo di un altro spirito, quello della Costituzione. In base al quale, a suo giudizio, la 37enne Lucie Castets, candidata ufficiale del Nuovo fronte popolare (Nfp), la coalizione di centrosinistra che ha trionfato alla urne (pur non ottenendo la maggioranza assoluta), non soddisferebbe i criteri per prendere le redini dell’Hôtel Matignon, sede dell’esecutivo transalpino. Un rifiuto, quello del capo dell’Eliseo, che non solo ha sollevato le furiose proteste dell’Nfp (non di tutti, in realtà), ma anche le critiche di diversi costituzionalisti e politologi. “Una situazione politica senza precedenti e pericolosa”, l’ha definita l’autorevole quotidiano Le Monde in un editoriale, ricordando che entro poche settimane andrà varata una legge di bilancio più che delicata per il futuro prossimo del Paese.

Parlamento balcanizzato

Facciamo un piccolo passo indietro: criticato da più parti, anche tra i suoi più stretti alleati, dopo due anni di governi di minoranza e in seguito al trionfo del Rassemblement national (Rn) di Le Pen alle elezioni europee, lo scorso giugno Macron decise di sciogliere l’Assemblea nazionale e tornare alle urne. Per fermare l’avanzata dell’Rn, i liberali del cosiddetto “campo Macron” si turarono il naso e strinsero un patto con l’Nfp, compreso il tanto odiato (politicamente) partito di sinistra di Jean-Luc Melenchon, la France insoumis. Il “blocco democratico”, come è stato ribattezzato, si è risolto con la vittoria dell’alleanza di centrosinistra, che ha ottenuto 193 seggi. La coalizione del presidente della Repubblica si è fermata a 166 parlamentari, mentre Rn si è attestato a 126 seggi. Per la maggioranza, servono almeno 289 deputati, una quota che, mettendo insieme gli alleati di Macron e l’Nfp (ossia coloro che alle urne hanno fatto sponda anti Le Pen) verrebbe più che ampiamente superata. Ma in politica non basta l’aritmetica, tanto più in un panorama sempre più frastagliato (e instabile) come quello francese.

La candidatura di Castets

Come impone la prassi, spetterebbe a chi ha vinto le elezioni, ossia all’Nfp, indicare il nuovo premier e tentare di formare un governo. I negoziati, però, partono subito in salita: l’elefante nella stanza è chiaramente Melenchon, considerato dai liberali macronisti (ma anche da un pezzo dello stesso Nfp) troppo estremista per essere un alleato affidabile in un eventuale esecutivo. Il mantra di Macron, ripetuto più volte, è trovare in parlamento un’alleanza stabile da qui al 2027. Si arriva così a fine luglio: l’Nfp trova un’intesa al suo interno e lancia la candidatura a Matignon di Lucie Castets, giovane alta funzionaria del Comune di Parigi vicina ai socialisti. Il nome sembra trovare consensi anche tra i liberali, nonostante Castets abbia in passato duramente criticato Macron per le consulenze d’oro a giganti come McKinsey, e abbia proposto fin da subito una revisione della riforma della pensioni voluta, tra forti e violente proteste di piazza, dallo stesso capo dell’Eliseo. Per favorire la nomina di Castets è arrivato anche l’inatteso passo indietro di Melenchon, che ha annunciato l’intento del suo partito di sostenere dall’esterno la candidata premier, senza nominare ministri nel nuovo governo. 

Lucie Castets, La Presse
Lucie Castets, La Presse

Il rifiuto di Macron

L’accordo tra Nfp e campo Macron sembrava dunque in discesa, almeno fino a lunedì scorso, quando il presidente della Repubblica ha diramato una nota ufficiale in cui ha bocciato senza appello l’ipotesi di un esecutivo guidato da Castets. “Un governo sulla base del solo programma e dei soli partiti” che compongono la coalizione di centrosinistra “sarebbe immediatamente sfiduciato da tutti gli altri gruppi rappresentati nell’Assemblea nazionale”, si legge nel comunicato. “La stabilità istituzionale del nostro Paese impone di non accettare questa opzione”, ha sentenziato il capo dell’Eliseo. Apriti cielo: il rifuto di Macron ha fatto subito scattare le proteste del centrosinistra.

Melenchon e i suoi hanno definito la mossa un “colpo di Stato antidemocratico”, e hanno convocato una “grande mobilitazione popolare” nelle piazze il 7 settembre. Anche l’ex presidente socialista François Hollande ha criticato il suo successore: “Non spettava al presidente della Repubblica bocciare Lucie Castets – ha detto in un’intervista a Le Point – questa responsabilità spetta all’Assemblea nazionale una volta ascoltata la dichiarazione di politica generale e la formazione del governo”. Un ragionamento, quello di Hollande, condiviso anche da diversi costituzionalisti. 

Divide et impera

Macron, per il momento, non sembra preoccuparsi delle critiche e tira dritto, annunciando un nuovo giro di consultazioni. Un giro da cui ha escluso espressamente Melenchon, Le Pen e Eric Ciotti, l’ex repubblicano espulso dai moderati di destra per la sua apertura a Rn. Scottati dal rifiuto di Castets, tutti i partiti dell’Nfp hanno annunciato che diserteranno le nuove consultazioni. Ma qualche crepa si sta aprendo tre le fila del centrosinistra, in particolare nel Partito socialista, dove alcuni esponenti di minoranza hanno chiesto di riprendere i negoziati con Macron e di non cedere ai “ricatti” di Melenchon. 

Del resto, quello a cui sembra davvero puntare il capo dell’Eliseo è accentuare le divisioni dei suoi avversari, a sinistra come a destra, prolungando il più possibile la vita dell’attuale governo di Gabriel Attal, suo fedelissimo. Al momento, al di là dei vecchi alleati, Macron può contare solo sull’appoggio dei repubblicani e forse su quello di Liot, un gruppetto che rappresenta piccoli partiti locali. Messe insieme, queste forze raggiungono 235 deputati, una quota lontana dalla maggioranza. Oltrape non c’è l’obbligo della fiducia parlamentare: Macron potrebbe rilanciare un esecutivo di minoranza, come fatto per tutto il suo secondo mandato, magari ottenendo il sostegno di pezzi dei socialisti. Sarebbe però un azzardo ancora più rischioso di quello tentato in questi anni, non solo per lui, ma anche e soprattutto per la Francia.

Un azzardo rischioso

“L’incapacità di Emmanuel Macron di trarre chiaramente le conseguenze della sua sconfitta (…) mette in pericolo il Paese accentuando le divisioni, la frammentazione, l’incertezza e il rischio di stallo”, ha avvertito il quotidiano Le Monde. La Francia si trova in una situazione non solo politica, ma anche economica, più che delicata. La crescita è al palo, il rating è stato declassato di recente, e la Commissione europea ha aperto una procedura d’infrazione sui conti pubblici che richiederà enormi tagli alla spesa già nell’immediato. Macron è stato considerato il deus ex machina di Bruxelles in questi anni, ma con il nuovo ciclo istituzionale che si sta aprendo nella capitale europea, la sua capacità di influenza sembra notevolmente ridotta. Tanto più con un governo instabile a Parigi. 

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