Giorgia Meloni si prepara a incontrare Donald Trump a Washington, in un viaggio che conferma quanto la questione dei dazi statunitensi stia diventando centrale per l’Italia. La missione, che precede l’arrivo del vicepresidente americano J.D. Vance a Roma, si annuncia delicata, non solo per le relazioni transatlantiche ma anche per quelle intraeuropee. Parigi, accusata da più parti di perseguire interessi nazionali, sembra infatti allontanarsi sempre più da Roma, in un contesto già segnato da tensioni finanziarie e divergenze strategiche.
Il governo italiano, dal canto suo, punta a trasformare la crisi in un’opportunità. Guido Crosetto, ministro della Difesa, ha ribadito la necessità di agire con pragmatismo in un mondo “sempre più accelerato”, dove le misure protezionistiche di Trump potrebbero paradossalmente spingere l’Europa a riformarsi. “Una guerra commerciale non conviene a nessuno”, ha sottolineato Crosetto in televisione, evitando toni allarmistici ma senza nascondere la complessità del dossier. Una linea condivisa da Francesco Lollobrigida, che invita a non creare panico tra i consumatori: “Ridurre gli acquisti per paura sarebbe persino più dannoso dei dazi stessi”.
Intanto, però, le divisioni interne all’Ue si fanno più marcate. Se il Financial Times descrive Meloni come un’alleata “sotto pressione”, costretta a prendere posizione tra gli schieramenti europei, in Italia la tensione politica è palpabile. Matteo Salvini spinge perché Roma tratti direttamente con Washington, mentre Antonio Tajani insiste sul ruolo negoziale della Commissione europea. Un contrasto che riflette la frammentazione di un’Europa incapace di trovare una voce comune, mentre economisti come Nouriel Roubini avvertono: senza un’intesa con gli Stati Uniti, la crescita rischia di arrestarsi.