Circa 23mila imprese italiane (e 27mila posti di lavoro) saranno a rischio per i dazi di Trump

21.03.2025
Circa 23mila imprese italiane (e 27mila posti di lavoro) saranno a rischio per i dazi di Trump
Circa 23mila imprese italiane (e 27mila posti di lavoro) saranno a rischio per i dazi di Trump

Negli ultimi quindici anni, la crescita del nostro sistema produttivo è stata sostenuta prevalentemente dalla domanda estera, in particolare quella statunitense.

dazi di Donald Trump sui prodotti europei e la recessione della Germania avranno un importante impatto sull’economia italiana. Ne è convinta l’Istat che, nel suo Rapporto sulla competitività dei settori produttivi 2025, racconta di una misura che avrà “un’importanza considerevole” per il nostro paese. Questo perché, spiega l’istituto di statistica, negli ultimi quindici anni “la crescita del nostro sistema produttivo è stata sostenuta prevalentemente dalla domanda estera, a fronte di una domanda interna debole o stagnante”. In particolare, “l’Italia ha orientato i propri flussi di export verso i mercati extra-Ue, soprattutto quello statunitense”.

 A rischio Pil, export e occupazione in Italia

Secondo il report dell’Istat, almeno 23 imprese italiane che puntano sui mercati esteri si scoprono fragili. Per aziende considerate vulnerabili si intende quelle che basano una quota significativa del proprio fatturato sulle esportazioni, ma con una strategia ristretta: poche destinazioni geografiche e una gamma limitata di prodotti. Questa mancanza di diversificazione le espone a rischi maggiori in scenari di instabilità, come una guerra commerciale combattuta a colpi di dazi. 

Secondo le stime Svimez citate nel rapporto Istat, l’introduzione di dazi statunitensi al 10 per cento comporterebbe una riduzione dello 0,1 per cento del Pil italiano entro il 2025, con una perdita di 27 mila posti di lavoro a tempo pieno e un calo delle esportazioni del 4,3 per cento. In uno scenario più critico, con dazi al 20 per cento, il Pil scenderebbe dello 0,2 per cento, con 57 mila occupati in meno e un crollo dell’export dell’8,6 per cento. I settori più vulnerabili, come agroalimentare, farmaceutico e chimica, subirebbero contrazioni delle esportazioni fino al 16,4 per cento nello scenario peggiore. Il Made in Italy, tra moda e mobilio, registrerebbe un calo più contenuto (-2,6 per cento), mentre meccanica e mezzi di trasporto si posizionano a metà, con riduzioni del 10 per cento.

Le 23 mila imprese italiane vulnerabili all’export, pur non rappresentando un numero elevato, hanno un impatto significativo sull’economia nazionale. Impiegano 415 mila addetti, generano il 3,5 per cento del valore aggiunto (36 miliardi di euro) e il 16,5 per cento delle esportazioni totali, pari a 87 miliardi. Si tratta per lo più di piccole aziende (in media 20 dipendenti), ma includono anche un 10 per cento di multinazionali. Le imprese più esposte alla domanda statunitense sono 3.300, con esportazioni di farmaci, prodotti meccanici, gioielleria, vini, oli e mobili per un valore di 10 miliardi di euro. Quelle vulnerabili alla domanda tedesca (2.800 aziende) esportano principalmente parti di autoveicoli, gas, materiale elettrico, prodotti in metallo e alluminio, per un totale di 13,6 miliardi. A livello territoriale, Puglia, Calabria, Abruzzo, Toscana, Campania e la provincia di Trento sono le aree più esposte, con esportazioni che rappresentano fino al 30 per cento del fatturato regionale. 

L’impatto dei dazi sull’export italiano, tuttavia, potrebbe risultare ancora più ampio: secondo le stime di Prometeia (2024), da 4 miliardi, nel caso di un aumento di 10 punti percentuali solo su prodotti già sottoposti a dazi, a 7 miliardi nell’ipotesi di un aumento generalizzato di 10 punti su tutti i prodotti. Per quanto riguarda i settori manifatturieri, in caso di aumenti limitati a prodotti già colpiti da dazi, sarebbero penalizzati soprattutto la moda e l’agroalimentare; nell’ipotesi di aumenti generalizzati, invece, sarebbero i prodotti ad alta e media intensità tecnologica (farmaceutica e meccanica) a subire un impatto più severo.

Infine, l’Istat ricorda che nelle stime di Intesa San Paolo riferite al 2025 e in caso di dazi al 10 per cento, “l’impatto di dazi orizzontali sul Pil italiano sarebbe inferiore a 4 decimi di punto, indipendentemente dal grado di elasticità utilizzato. La perdita di export sarebbe quantificabile in circa 3 miliardi di euro, quasi un miliardo rappresentato da macchinari e relativa componentistica (circa il 5 per cento dell’export totale del settore negli Stati Uniti), mezzo miliardo per veicoli leggeri (come automobili e motocicli) e 370 milioni per la farmaceutica”.

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