Con un bel po’ di ritardo rispetto all’orario atteso, probabilmente a causa delle procedure più lunghe, ieri sera alle 21 dal comignolo montato sul tetto della Cappella sistina è uscita la prima fumata nera: il papa non è stato eletto.
Un esito ampiamente previsto. Ieri, giorno iniziale del Conclave, si è svolta un’unica votazione, nel tardo pomeriggio. E non era mai accaduto, in età moderna e contemporanea, che il pontefice venisse scelto al primo tentativo. Nell’ultimo secolo, il più veloce è stato Pacelli (Pio XII), eletto il primo giorno ma alla terza votazione. Tutti gli altri sono stati eletti fra il secondo e il terzo giorno, tranne Roncalli (Giovanni XXIII), il quarto, e Ratti (Pio XI), il quinto, dopo 14 tentativi.
La prima votazione – e anche ieri è stato così – serve soprattutto a far emergere i candidati e il loro peso reale, dopo due settimane di consultazioni ufficiali, nelle dodici congregazioni generali dei cardinali, e ufficiose, nei vari caminetti e incontri riservati, spesso per gruppi nazionali o continentali o, più raramente, per aree di affinità.
IN POLE POSITION, stando alle indiscrezioni e alle voci di corridoio, dovrebbe esserci il cardinale Parolin, segretario di Stato vaticano fino alla morte di Bergoglio, quando tutte le cariche “istituzionali” decadono automaticamente in attesa del nuovo papa. Ieri nella messa Pro eligendo pontifice presieduta dal decano del collegio cardinalizio, Re, durante lo scambio della pace i microfoni hanno colto un saluto particolarmente caloroso fra i due, con il cardinale Re che ha rivolto «auguri doppi» a Parolin. Alcuni commentatori hanno interpretato la frase come una sorta di felicitazioni anticipate per l’imminente elezione papale. Più probabilmente però Re, che ha 91 anni e quindi non è entrato nella Cappella Sistina come elettore, si riferiva al fatto che Parolin avrebbe preso il suo posto come presidente del Conclave per ragioni di ruolo e anzianità.
Che Parolin abbia incassato un buon numero di voti è certo. Si tratterà però di vedere, già oggi, se la quantità di consensi corrisponde al pacchetto atteso e soprattutto se cresceranno progressivamente, per arrivare in tempi rapidi a 89, il quorum dei due terzi necessario per il nuovo papa. In caso contrario, come già accaduto nel Conclave del 2013 – quando il favorito della vigilia, cardinale Scola, si bloccò e si fece strada Bergoglio -, la partita si allargherà agli altri papabili oppure a un outsider. I nomi in campo sono molti, e non sembra esserci un candidato nettamente più forte degli altri. Del resto si tratta del Conclave più affollato (133 cardinali elettori, tutti arrivati a Roma) e multietnico (65 Paesi di provenienza) della storia della Chiesa, sebbene con una linea di faglia piuttosto chiara fra coloro che vogliono che il nuovo pontefice porti avanti i processi avviati e lasciati aperti da Bergoglio e chi invece punta a raffreddarli o a congelarli.
IERI MATTINA, durante la messa Pro eligendo pontifice nella basilica di San Pietro, nella sua omelia il cardinale Re ha invitato i cardinali a «lasciar cadere ogni considerazione personale», così da riuscire ad eleggere «il papa di cui la Chiesa e l’umanità hanno bisogno in questo tornante della storia tanto difficile e complesso». Nel pomeriggio, poi, la processione dei 133 cardinali dalla Cappella Paolina fino alla Sistina, fra due ali di guardie svizzere, l’invocazione allo Spirito santo – il vero pope maker, secondo la fede dei credenti -, il giuramento dei singoli cardinali poggiando la mano destra sul Vangelo, fino all’extra omnes, l’invito rivolto dal cerimoniere a tutti gli estranei ad abbandonare la Sistina, lasciando chiusi dentro solo i 133 votanti. Una sequenza che, al di là della fascinazione che può esercitare un rito secolare, mostra plasticamente la realtà immobile della Chiesa romana: un nutrito gruppo di maschi celibi che elegge un pontefice affidandogli un potere assoluto potenzialmente fino alla sua morte.
Oggi il Conclave prosegue, con quattro votazioni, due la mattina e due il pomeriggio, e due fumate, al termine della mattinata e del pomeriggio. Si vedrà se saranno nere o ci sarà quella bianca.