Per le elezioni del 29 settembre in leggero vantaggio c’è l’estrema destra, favorevole a proseguire le importazioni da Mosca. Ma se l’Ucraina chiude i rubinetti, il Paese rischia una grave crisi energetica
Èil Paese dell’Unione europea che più dipende dalle importazioni di gas russo e il rischia di finire nelle mani dell’estrema destra filo-russa. Le elezioni in Austria del 29 settembre possono segnare un vero e proprio spartiacque, non solo per Vienna ma anche per il resto d’Europa. Avere uno Stato membro che ancora dipende in maniera così netta da Mosca per il suo approvvigionamento energetico può compromettere gli sforzi di tutti gli Stati membri. I sondaggi danno però in vantaggio Herbert Kikl, l’alleato di Matteo Salvini, che non intende staccare la spina dei rapporti con Vladimir Putin.
Cosa dicono i sondaggi per le elezioni in Austria
I sondaggi in Austria in vista della data clou del 29 settembre non danno alcun partito con un vantaggio tale da ottenere una maggioranza assoluta. In leggero leggero vantaggio c’è il partito di estrema destra, Il Partito delle Libertà (FPÖ), che ha mantenuto posizioni poco chiare con Mosca dall’inizio della guerra in Ucraina. Al governo della repubblica parlamentare austriaca attualmente c’è Karl Nehammer del Partito popolare austriaco (ÖVP), salito al potere nel dicembre 2021. Nella stessa coalizione di governo c’è il Partito dei Verdi. Si tratta della prima alleanza tra questi due partiti a livello federale. Popolari e verdi proveranno a contendere il maggior numero di eletti all’Fpo, ma sono ancora in lieve ritardo, almeno nelle interviste pre-elettorali.
La dipendenza dell’Austria dal gas russo
Da quando Mosca ha invaso il suo vicino nel 2022, mentre l’Unione Europea si è mossa per sostituire rapidamente le importazioni di gas russo, l’Austria ha tardato molto in questo processo. A luglio Vienna stava ancora importando l’83 per cento del suo gas dalla Russia, mentre già nel 2023 la quota media di gas importato da Mosca nell’Ue era scesa al 15 per cento. La ricerca di fonti energetiche alternative finora non ha garantito grandi successi. E per gli altri 26 Stati del blocco europeo questa dipendenza protratta sta diventando un problema.
A spingere per una transizione più rapida sono soprattutto i Verdi austriaci, ma il loro peso nel governo attuale è nettamente inferiore rispetto ai popolari. Anche il cancelliere Nehammer si è impegnato a liberare il Paese dal giogo di Mosca, puntando sulle importazioni che passano da Germania e Italia. “L’elevata dipendenza dalle forniture di gas russo rappresenta un rischio economico e di sicurezza importante per l’Austria”, ha affermato il ministero dell’Economia in un comunicato stampa, sostenendo come sia “essenziale per la sicurezza del nostro Paese ridurre ulteriormente il consumo di gas e smettere di acquistare gas russo”.
I rischi di un’interruzione improvvisa di gas russo
Di altro avviso l’estrema destra dell’FPÖ, che i sondaggi attestano intorno al 27-29 per cento. Secondo il leader Herbert Kickl il gas russo deve continuare a far parte del mix energetico austriaco. La mancanza di una presa di distanze netta da Mosca sta però isolando il suo partito, che non trova sponde per realizzare una coalizione. Salvo sorprese, seppur con vantaggio minimo, dovrebbe vincere ancora il partito popolare, che a seconda dei risultati potrebbe proseguire coi Verdi o addirittura virare verso i socialdemocratici. I tempi politici, lenti e farraginosi, rischiano di non coincidere con quelli commerciali.
Wien Energie, la compagnia elettrica che domina il panorama viennese dell’energia,, ha dichiarato a settembre che abbandonerà il gas russo a partire dal 2025. L’Ucraina però ha dichiarato che non rinnoverà l’accordo con Gazprom per il trasporto del gas russo in Austria, la cui scadenza è prevista alla fine del 2024. Se non ci saranno mutamenti, una crisi energetica per Vienna sarà alle porte. E secondo gli esperti nazionali un’interruzione improvvisa delle forniture russe potrebbe far aumentare nell’arco di due-sei mesi i prezzi all’ingrosso del gas di circa il 20 per cento. Una mazzata per l’economia austriaca già punita dalla crescente inflazione.